Lo status quo del dilettantismo

Notte di Uefa Champions League, al femminile. Roma vs Barcellona. La Roma quella vera, non una versione tarocca. Il Barcellona è quello di “mas que un club”, quello di Putellas due volte pallone d’oro. Il pallone d’oro di France Football.

Trentanovemila quattrocento cinquataquattro, in uno Stadio Olimpico gremito, certo a prezzi calmierati. Oltre cinquantunomila spettatori di media sul canale youtube di DAZN, davanti allo streaming della partita.

Il calcio femminile è un prodotto? “Meh”. Lo sono sicuramente i brand delle due squadre e il contesto sociale nel quale si muovono. Per il tifoso giallorosso l’AS Roma è una fede, non importa il sesso di chi indossa la maglia. I colori blaugrana coprono anche la Sagrada Família anche se non ve ne accorgete. È un modo di essere, uno sistema di pensiero.

Quello raggiunto oggi dal soccer femminile è un traguardo intermedio, uno al quale sembra voler ambire anche il futsal, compreso quello nell’italica penisola. Ma siamo sicuri che sia davvero così?

Immaginiamo questo scenario.
Juventus, Inter, Milan, Roma. Acquistano anche un club di futsal femminile, per creare una sorta di sinergia economica all’interno di una nicchia di mercato per il proprio brand.

Una volta approdati nella massima divisione, gli attuali attori del futsal femminile verrebbero estromessi da qualsiasi rilevanza anche solo dal peso sociale del brand di quei club.

Non solo dalle risorse finanziarie che dovrebbero comunque muoversi all’interno dei confini del dilettantismo. C’è qualcuno che pensa davvero che a parità d’offerta una giocatrice preferisca una tensostruttura persa nella provincia italiana a Milanello o La Continassa? Pensate che Trigoria abbia lo stesso valore del campo che dovete dividere con la scherma?

In questo momento il dilettantismo del calcio a 5, in Italia, protegge uno status quo. In un contenitore a carattere familiare, la natura hobbistica della disciplina ne salvaguarda gli attori protagonisti. Impedendone allo stesso tempo lo sviluppo. Costringendo la disciplina a muoversi con strumenti da dilettante in un contesto di competizione professionistica.

Non c’è tuttavia rischio imminente di professionismo, di grandi club nel futsal italiano. La protezione del guscio del dilettantismo previene la possibilità di creare utili, azzerando l’appetibilità della disciplina.

Sebbene altrove siano già presenti. I club di calcio si muovono per inglobare nel loro brand altre discipline sportive, meglio se attigue a quella principale. Sporting Lisbona, Benfica, Barcellona, così tre nomi a caso di club calcistici che hanno una vincente o quasi, squadra di futsal.

Sebbene la prospettiva di grandi club in Italia, oggi assomigli più ad una ucronia che ad una possibilità, resta quello però uno dei possibili futuri auspicabili. Incrementerebbe la credibilità del futsal, ne stabilizzerebbe il vertice, lasciando alla base il compito d’alimentare il movimento potendone trarre un dividendo economico.

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