Insostenibile dopo

Nell’ultima settimana, due importanti dirigenti di squadre di futsal femminile di Serie A, hanno rilanciato il grido d’allarme circa la sostenibilità economica della disciplina del calcio a 5 femminile.

Il futsal tanto al maschile, quando al femminile è sostenuto dall’impegno di mecenati che per le più diverse ragioni siano esse fiscali o egotistiche finanziano le squadre. Inutile ribadire che la struttura legislativa dello sport dilettantistico non permette di trasformare le squadre in imprese nell’accezione capitalistica del termine.

In virtù di questa condizione sgombriamo ancora una volta il campo, da ogni pretesa imprenditoriale intorno al futsal. Così come va derubricata una delle possibili soluzioni offerte dai club alla precaria situazione finanziaria.

Premi ed incentivi, sebbene diffusi nel calcio professionistico, sono la principale ragione dell’attuale crollo del sistema calcio nel suo senso più classico e nostalgico. I munifici premi elargiti dalla UEFA alle squadre che ottengono risultati prestigiosi nella Champions League hanno ampliato la forbice economica tra club ricchi e meno ricchi.

Quelli con più risorse finanziarie vincono, ricevono più denaro e continuano a vincere. Se ad esempio la Divisione Calcio a 5 adottasse la stessa politica non sortirebbe un effetto diverso da quello della UEFA.

Tuttavia è interessante riflettere sulla questione sponsorizzazioni. Del supporto economico dal territorio verso il futsal. Molte società di calcio a 5 lamentano una lontananza degli imprenditori locali, una difficoltà ad attrarre capitali.

In quello stesso territorio, spesso a poche decine di chilometri di distanza, milioni di euro vengono investiti per vincere uno scudetto nel volley al femminile. Munifici investimenti si riversano nel basket, o nel rugby.

Non è possibile e anche altamente probabile che dall’interno della bolla del futsal la disciplina venga percepita in maniera almeno economicamente distorta? Nella migliore delle ipotesi un incontro di cartello di futsal raccoglie 2000 spettatori. Genericamente assortiti e quindi diversamente interessati anche ai marchi presenti intorno al campo.

Una azienda qualsiasi, anche il pizzicagnolo sotto casa, con 20 euro può raggiungere 4000 persone. Altamente selezionate come target con una AD su un social network. Lo sport come veicolo pubblicitario, come strumento di soft power è efficace solo nella sua capacità di raccogliere intorno a se una comunità tribale. Torniamo però ad occuparci dell’aspetto economico del futsal.

Se i dirigenti del futsal lamentano alti costi a fronte di nessun rientro, dell’impossibilità di reperire fonti di finanziamento, perché continuano ad investire ingenti somme nella disciplina?

Al momento il ciclo di una società di futsal è di 3 – 5 anni al vertice della catena alimentare sportiva. Il presidente di turno, arriva e compra tutto il comprabile, anche a prezzi fuori “mercato”. Vince quasi tutto e scopre che non era come l’aveva immaginato questo podio più alto.

Non s’è trasformato in Florentino Perez. Non lo chiamano le radio di Madrid nel cuore della notte e per quello che serve, nemmeno quelle della sua città. Se entra in un bar dove non lo conoscono, nessuno si gira per indicarlo e bisbigliare. Scopre che non ha titoli sui giornali a meno che non siano a pagamento.

S’annoia ed emotivamente deluso. Decide che con meno soldi può essere il presidente di una squadra in Serie D di calcio. Così almeno al bar nel centro di San Martino di Lupari, finalmente lo riconoscono.

È accaduto così tante volte da essere diventato un paradigma del calcio a 5 italiano. Nessuna programmazione supera l’immediato futura e nessuna sopravvive all’impatto con la realtà di un panorama sportivo nel quale il futsal ha nella più rosea prospettiva, un impatto marginale.

Disciplina, il futsal ,che paradossalmente è altamente adatta ai tempi, veloce, altamente spettacolare quando non è soggetta a limitazioni liberticide. A patto ovviamente di liberarsi di quei vecchi dirigenti che sono in questo sport da anni e hanno condotto in secca il movimento.

A condizione di guardare al prodotto futsal con l’onestà intellettuale di chi ne riconosce i difetti e non cerca di nasconderli sotto una pioggia di coriandoli. Infine piantarla di raccontare favole, le stesse che ripetute da anni sotto bandiere diverse hanno sortito l’unico effetto di perpetrare la mentalità del calcetto cambiandogli semplicemente nome.

Il futsal ha certamente un futuro, anche roseo. A condurlo in un moderno contesto di consumo, non possono essere gli stessi uomini che l’hanno ridotto in queste condizioni.

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