Nel futsal del Bel Paese aleggia tra i suoi mille paradossi, la convinzione che sia la “comunicazione”, il mezzo per raggiungere il grande pubblico. Una affermazione priva di alcun fondamento verificabile eppure si diffonde pervicace.
Il futsal è un prodotto. Come un Kinder Bueno o la vostra birra preferita. È un buon prodotto o un cattivo prodotto in relazione alla sua capacità d’essere acquistato. Creare contenuti con un alto valore di produzione per un prodotto scadente non ne incrementa il valore intrinseco.
Vero anche che un pessimo contenuto può danneggiare un buon prodotto. Nel futsal italiano però s’è diffusa la convinzione che basti creare “contenuti” perché il pubblico compri il prodotto “calcio a 5”.
Parliamo di una disciplina sportiva che non ha nemmeno un brand riconoscibile, cos’è? Calcetto, Futsol, Calcio a 5.
Provate a convincere qualcuno a mangiare un dolce che di volta in volta chiamate: Pie, Crostata oppure dolce della nonna. Quel qualcuno resterà inevitabilmente disorientato. Non importa nemmeno se è buono o no.
L’altra grande illusione del futsal italico è quella che riguarda il suo pubblico. Una delle frasi che si rincorrono più spesso favoleggia d’un enorme mole d’italiani sul punto di invadere i palazzetti. Sarebbe bastato utilizzare uno dei mille strumenti a disposizione dei “marketeer” per scoprire che in italia, il calcio a 5 vale il baseball, in termini di interesse.
Una volta contattato questo gruppo finito di appassionati, la crescita in termini d’esposizione è impossibile. Semplicemente perché sono appunto terminati i potenziali utenti interessati. Un condizione che si può semplificare con un esempio. Facebook a circa 2,5 miliardi di iscritti su un potenziale di 3 miliardi di connessi al web. La sua crescita esponenziale si è esaurita, semplicemente perché si è esaurito il bacino al quale attingere.
Le partite di calcio a 5 faranno sempre quegli ascolti, avranno sempre quel numero di spettatori. Offrire un prodotto anche gratuitamente ad un vasto pubblico generalista è un po’ come quando entrate in un supermercato e una venditrice vuol farvi assaggiare questo nuovo prodotto.
Anche se gratuito, in pochi si fermano per approfittare dell’offerta, per cogliere l’occasione. Per mille ragioni diverse, tutte perfettamente legittime. In quel caso s’è creato un prodotto che probabilmente non risponde ad alcuna necessità.
Chi crea contenuti per il calcio a 5, non è proprietario del prodotto. Non ne decide la forma e il prezzo. Non ne controlla le dinamiche produttive, non è suo, per questo non ha alcuna influenza sulla qualità dell’evento sportivo. Quando guardate una pubblicità Nike e pensate: “ma che figa la pubblicità” lo è in funzione della qualità del prodotto.
Le Air Jordan, senza Michael Jordan, sarebbero state delle bellissime sneakers, semplicemente. Così il calcio a 5, senza un prodotto sul campo e intorno ad esso di livello, resterà per sempre il calcetto. Prigioniero delle sue contraddizioni, a partire dal punto zero, esattamente com’è che si chiama questo sport?