Grazie a Dio è Venerdì

Se non ci fosse stata la rissa di Nocera Inferiore e l’ennesima squadra che a metà stagione in A2 maschile [UPDATE: FORSE], rinuncia al campionato, questa sarebbe stata la solita piatta settimana del futsal. Quella che s’incentra, per intenderci, intorno al florilegio di dichiarazioni che spaziano dal: “faremo bene” al “dobbiamo stare attenti ai dettagli”.

Per oltre 50 anni, s’è ripetuta uguale la liturgia del “mi disegni un cerchio?”. Domanda da parte di un addetto ai lavori, alla quale inevitabilmente seguiva “il disegno del cerchio”. Fino al 14 Febbraio 2005, controllate pure “cosa” ha debuttato in quell’anno. Era un “San Valentino” solo per gli stolti.

Da allora sono passati diciotto anni e il linguaggio, anche giornalistico s’è dovuto adattare ad un racconto sempre più narrato dalle immagini. Ad uno spettatore capace di consumare il prodotto con una rapidità da piranha.


L’esposizione così prolungata ha saturato lo spazio della retorica con una velocità di progressione esponenziale. Non nel futsal. In questo spazio fermo nel tempo, siamo ancora al “mi disegni un cerchio?” e inevitabilmente arriva il disegno del cerchio.

Quale contributo questo offra alla conversazione, quale stimolo sia per il lettore dopo 50 anni d’uso e riuso è abbastanza chiaro: nessuno. Sembra però l’unico costante flusso narrativo che arriva dal calcetto a cinque. Così semplice da produrre che almeno nell’ultimo anno sono nati decine di spazi, anche solo social, che promettono di raccontare questa disciplina a colpi di copia e incolla.

Sembra difficile in un ambiente stitico e refrattario come il calcio a 5 italiano, anche pensare di fare qualcosa di diverso. C’è chi ci prova almeno sulla scorta di esperienze come “La Giornata Tipo” o “Calciatori Brutti”. Manca davvero però la quantità minima base, anche solo per montare delle reaction a notizie che in effetti: non ci sono.

È altresì vero che il calcio a 5 in Italia è un ambiente a conduzione estremamente familiare, difficile non essere solidali umanamente con chi investe denaro proprio, in un hobby e non vuole certo leggere “imbecille”, associato al suo nome su qualche piattaforma social.

Questo però resta il prezzo da pagare, l’ineluttabile tassa. La critica, anche se percepita come immotiva. Necessaria, indispensabile. Per uscire da un anfratto dove tutti si nascondo, le parti si confondono. Consci che non è possibile far contenti, tutti. L’utopico tentativo di diventare rilevanti nell’ambito delle discipline minori, elidendo il contraddittorio, è destinato a fallire a prescindere da quello che scrive Hobbs.

Il calcio è impegnato a correre verso il futuro. Nascono nuovi format, solo digitali che poi la “televisione”, si il monitor grande sul quale avete caricato anche l’app di Netflix, prova a cooptare in un disperato tentativo di sopravvivenza.

Il calcetto a cinque saponato, prosegue invece nel solco del vecchio calcio, ma decisamente più melenso. Contraddistinto da un immortale  “amatami a prescidnere dal risultato”, perchè le uniche cose che s’accumulano sono le sconfitte. È noto però che “non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta” e mi chiedo allora esattamente cosa c’è lì?

L’immobilismo è comodo, mi rendo conto, si ripete sempre uguale ed è anche di conforto per chi deve lavorare, come in una catena di montaggio non è necessario nemmeno pensare, basta domandare: “cosa ti ha fatto scegliere questo progetto?”.

Lo spettatore muta con una rapidità inaudita. I content creators sono obbligati ad anticipare il momento di noia del fruitore, prima che questo s’accorga della noia che sopraggiunge. Il calcetto a cinque saponato? Quello preferisce annoiarvi a morte, ripetutamente. Alcuni ne rivendicano anche il diritto di farlo, perché lo fanno tutti.

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