La dimensione del denaro

Serie A2, Girone Rosso, stagione 2022 – 2023, Lega Pallacanestro. La Mokambo Chieti, abita dopo diciassette giornate, l’ultimo posto in classifica. Sei punti. In un girone coabitato da nobili decadute come la Fortitudo Bologna, Udine e Forlì.

Patron Marchesani, in una recente apparizione pubblica, ha rivelato che l’impegno economico annuale, a sostegno della squadra, si aggira intorno al milione e mezzo di euro.

Quattordici sconfitte, tre sole vittorie. Tutto davanti ad una media di 1500 spettatori. Nota a Margine: queste sono affermazioni del presidente del sodalizio teatino, che si potrebbero definire stime ottimistiche, molto ottimistiche.

La sostenibilità economica del calcetto a cinque saponato, potrebbe non essere la priorità di tutti i dirigenti impegnati nel movimento. Altrimenti è difficile spiegare tutte quelle società che dopo “aver vinto tutto”, rinunciano all’attività agonistica.

In un contesto di discipline a carattere nazionale, dominare il futsal italiano di Serie A in un quadro macroeconomico, equivale finanziariamente a languire all’ultimo posto in A2 di basket. Nel futsal con quella somma potete disputare dignitosamente un main round di Uefa Futsal Champions League.

Se spendete il doppio allora forse siete lo Sporting Lisbona.Con quello che avanza oltre il milione di euro, speso dalla squadra di basket teatina, è possibile dominare il futsal femminile italiano e vi avanza anche qualcosa.

Nonostante molti si arrocchino in posizioni difese utilizzando l’alfiere della passione e la torre del gentismo, sono i soldi a muovere tutto. Come nella pellicola Bolier Room del 2000 con Giovanni Ribisi e Vin Diesel. Anche il futsal si trova ad 1 Km da Wall Street.

Soldi che sono necessari a far funzionare la macchina istituzionale del calcio a 5. A mettere le squadre in campo anche se in quell’ambito, esiste e resiste la figura dell’allegro pagatore. Quello che ha sempre uno sponsor “malandrino” che non gli garantisce la liquidità per saldare gli emolumenti.

La figura del mecenate sportivo ha alimentato il calcio almeno fino all’alba del nuovo millennio. Portando con se i suoi fallimenti clamorosi, inevitabili con i “patron” di allora.
Ora il calcio s’avvia verso l’industrializzazione della disciplina. Unica soluzione possibile per gestire un affare da 43 miliardi di euro, globalmente.

Il futsal è fermo invece, al calcio di provincia del secolo scorso. Si muove all’interno di unità di misura microeconomiche. Sostenuto da piccoli sponsor locali, eppure s’ostina a proiettarsi verso una grandeur che non ha nessun fondamento nella realtà.

Si ode distinto l’eco di parole come diritti d’immagine, merchandise, prodotto e perfino dividendi. Concetti professionali in un calcetto a cinque popolato da società che si rifiutano d’inserire nell’accordo economico l’opzione per l’alloggio garantito all’atleta.

Non è complesso comprendere quelli che vogliono giocare ad essere Florentino Perez o anche solo Benito Fornaciari, c’è solo un piccolissimo fattore da prendere in considerazione: il tempo.

Quello che scorre veloce a favore della tecnologia, che genera sempre maggiore potere economico per gli sport a carattere planetario. Il gap, il divario non si riduce con la passione ma con una maggiore forza economica, con la capacità di comprendere dove e quanto investire e non certo per massaggiare l’ego.

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