Lunedì di campioni d’inverno. Quelli del calcio, quelli anche della NFL, dove però ci sono i playoff e quindi conta poco. Ci sono anche quelli che hanno smania d’annunciarlo al mondo, quel piccolo mondo antico del calcio a 5.
Se il Napoli inciampa in Piemonte nel L84, non pregiudica un primato in classifica saldamente nelle mani dei partenopei di patron Perugino. L’operazione salvezza del Petrarca si ferma subito, sulla casella di un Pesaro che non ha nulla da chiedere ad una stagione che ha già permesso al presidente Pizza di mettere in bacheca una coppa. Insperata.
Le donne della Serie A di futsal, veleggiano senza troppi scossoni di classifica. Possibile arrivo in coabitazione, al giro di boa del girone d’andata. Le partite da recuperare contano per la classifica, un po’ meno il titolo di “campione d’inverno”. Decisamente meno.
Dopo un sei a uno, nel femminile si registra un più roboante 11-3. Non è che l’altra metà del cielo (maschile) non registri le sue “imbarcate” e alla fine la posizione in classifica non è un accidenti del fato. Mai. Nella Serie A maschile potrebbe essere colpa della scelta dei giocatori, nel femminile la scelta spesso è confinata in “quello che rimane l’avete scelto male”.
Il racconto immobile del futsal italiano continua a navigare sicuro, nell’ovattata realtà del mantra: “non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta”. Ci sono però anche tre punti in meno e una differenza reti che sembra quella del basket. Da quelli che raccontano che s’impara delle sconfitte, vorrei conoscere esattamente cosa. A parte l’evidente nozione che non sei abbastanza bravo.
Si impara dagli errori, a condizione di essere umili e riconoscerli. Quelli dai quali sembra aver imparato il mercato, quello generale della pubblicità. Le grandi corporazioni spostano il loro denaro dagli spot televisivi ai social. Ma non nei vecchi carrozzoni generalisti, come Facebook. Li portano in quelli di nicchia. Ora ve lo dice anche il Sole 24 Ore.
Quando però di questi spostamenti del mercato, s’accorgono i media generalisti (come un giornale nato come carta stampata) tutto è molto probabilmente già accaduto. Curioso come il calcio a 5 italiano rappresenti appunto una nicchia ma voglia disperatamente finire disperso all’interno di un media generalista (sport generalista ndr).
Domenica che s’è chiusa con una pletora di vincitori di Coppa Italia, di Serie C. In troppi hanno cantato “i campioni dell’Italia siamo noi”. Casomai “della Coppa” e sono cosciente che aggiungere “di C” e il nome della regione rovini il coro.
In nicchie come quelle c’è un valore, perché le piccole comunità sono particolarmente attive. Senza dimenticare l’anagrafica. Il calcio a 5 italiano, il suo pubblico dovrebbe cercarlo in neonatologia invece d’ostinarsi a raccoglierlo in geriatria. Perché se un giorno arriveranno sponsor ai quali interessa vendere il proprio prodotto, non una detrazione fiscale, il calcio a 5 italiano dovrà mostrare d’avere non sono un pubblico, ma una clientela.