L’esperienza da tifoso

Per qualche giorno è rimbalzato suoi social un video che racconta di uno scambio di cori tra le tifoserie del Leeds (in casa) e quella del West Ham (in trasferta).

A parte l’ironia dei tifosi degli Hammers, la loro immagine almeno nello spazio confinato dello stadio, oggi è molto lontana dai tempi dell’Intercity Firm, possiamo notare come sia possibile tenere senza troppi problemi due tifoserie, una praticamente accanto all’altra.

Quel video è solo uno spezzone di un contenuto più lungo. Una FAN CAM prodotta su un canale YouTube d’un tifoso del Leeds. Le partite di una stagione raccontate attraverso i cori della tifoseria di casa. Dalla prospettiva d’un tifoso nel mezzo della Kop.

CI vorrebbe uno spazio apposito per spiegare come mai le curvem che ospitano i tifosi degli stadi inglesi si chiamano generciamente kop. Una questione di guerre coloniali. Un secondo sarebbe necessario per raccontare delle rivalità tra le tifoserie inglesi.

Vorrei però soffermare la vostra attenzione, sul video della partita contro il Manchester City.
Si parte subito con il ricordare ai tifosi ospiti che l’Ethiad, lo stadio di casa del City, ha un particolare nickname “Emptyad”, empty in inglese vuol dire “vuoto”.

La tifoseria del City sembra essere spuntata fuori ora, quando la squadra ha iniziato a vincere. In Inghilterra dai tifosi è considerato un crimine non esserci sugli spalti quando la tua squadra fa schifo. “Looks like shit”.

I tifosi del Leeds, che non sono esattamente un gruppo di educande, ricordano ai tifosi ospiti: “you have seen a crowd” avete visto una folla. Urlano verso il campo ricordando a Mendy (ex giocatore del City accusato di stupro) “She said no” lei ha detto no.

Quei video raggiungono senza problemi le ventimila views, perché? Raccontano a chi ha già visto la partita, lo stesso evento ma da una prospettiva unica. Quella che è possibile vivere solo se si sta in piedi nella Don Revie North Stand.

Ci sono altri video, di commento alla stagione, notizie varie. Tutti con poche migliaia di views. Ascoltare l’ennesima versione della stessa notizia, non interessa molto.

Il futsal italiano per poter imitare quel genere di contenuti, dovrebbe prima trovare una tifoseria. Una che non sia più adatta ad uno studio gerontologico che agli spalti di un palazzetto. Uno che sia fidelizzato dai “colori” e dalla “maglia” che si possa riconoscere in un “brand” senza accorgersene e che questo non esista solo per qualche anno.

Dovrebbe avere sul parquet un prodotto in grado d’offrire qualcosa di diverso da una alternata serie di risultati da Serie D di pallacanestro. Sviluppare la capacità di raccontare l’evento evitando di ritrovarsi ingessato nelle interviste in posa da foto segnaletica, nella retorica del sono tutti bravi perché è scritto nel comunicato stampa.

È possibile? Credo proprio di si, lo fa un tizio a caso a Leeds, la città di Arancia Meccanica, uno dei posti simbolo della cementificazione degli anni 70 del secolo scorso, possibile che non sia possibile farlo nella ridente penisola del calcetto a cinque?

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