Minimum viable audience

Tre parole in inglese per rappresentare uno dei pilastri del marketing. Sconosciuto nel futsal italiano. Si tratta di un concetto esemplarmente spiegato da Seth Godin. Rappresenta il numero minimo di clienti necessari a sostenere un business, mentre cresce.

Nello sport gli sponsor possono essere paragonati ai fondi d’investimento. Con la non trascurabile differenza che a parte gli “angel fund”, tutti gli altri si muovono con una logica di profitto.

Togliamo di mezzo la prima leggenda metropolitana: il futsal italiano non produce utili, nemmeno un centesimo: nada, zero. Trascurando ovviamente, l’evasione fiscale. Quella che produce anche il calcio.

Necessario stabilire delle misure di riferimento. Nel futsal femminile con 300 mila euro si riesce anche a vincere un titolo. Nel maschile dovete aggiungere un 1 davanti alla cifra. Non sono cifre da grande sport, in Serie C di calcio con un passivo da 6.240.806,82 euro potete essere l’Arezzo.

A meno di avere a disposizione, nel futsal una Juventus sul campo e lo Juventus Stadium come “venue”, difficile raccogliere dal solo matchday, 49 milioni di euro, l’anno (fonte Forbes). Società quella bianconera che ha chiuso il bilancio del 2022 con una perdita di circa 250 milioni di euro. Costringendo la proprietà ad una ricapitalizzazione da 900 milioni.

Se l’incasso dello Juventus Stadium come struttura, merchandising e ospitalità ammonta ad 1/4 del passivo della Juventus, non può certo il calcetto a 5 italico raccontare che invece si genera nella disciplina una qualsiasi forma di indotto.

Ma per amor di discussione, proviamo ad immaginare una società che abbia a disposizione 15 partite interne, palazzetto da 4000 posti, costantemente esaurito, 10 euro il costo del biglietto. Un incasso totale di 600 mila euro, oneri fiscali esclusi.

Nella Serie A maschile riesco a raggiungere con quella cifra i playoff. Gli sponsor a quel punto non li devo trovare, sono loro a venire da me. Perché la mia squadra in una stagione raggiunge sessantamila potenziali clienti, di altre aziende.

Ovviamente poi c’è la realtà: quella delle tensostrutture, dei palazzetti semivuoti anche se a ingresso gratuito. Quella che, dati alla mano, racconta che nemmeno la Juventus fa costantemente il tutto esaurito e che per farlo spende così tanto per aggregare la squadra, da ritrovarsi ad agire costantemente all’interno di una situazione debitoria.

Dove sono allora i soldi nel calcio? Nei diritti televisivi. Ma non in tutti. La Premier League nel triennio 2019-2022 ha ceduto i suoi diritti per un totale di 5.6 miliardi di euro. La Serie A vale “solo” 2.9, dietro perfino alla Ligue 1 che ne raccoglie oltre 4 di miliardi, di euro.

Il futsal italiano, nella figura della sua organizzazione, s’accolla gli oneri di produzione, giustamente, proponendo il prodotto gratuitamente al fine di raccogliere un minimum viable audience. Corretto.

La Divisione Calcio a 5 è editore, con i soldi delle società, che reinveste nella promozione del prodotto. A questo punto è lecito chiedersi: “quel prodotto esiste?”, possiede le qualità necessarie ad essere vendibile?

Quando il futsal italiano viene trasmesso su una emittente che ha acquistato i diritti della Ligue 1, si mette in concorrenza con un prodotto che costa miliardi di euro. Un po’ come se vi fate la spremuta di uva in casa e la pubblicizzate in uno spot prima o dopo, quello del Brunello di Montalcino della Fattoria dei Barbi.

Il futsal italiano è lontano almeno sei zeri dal calcio, dal futsal europeo è lontano di almeno un paio di milioni di euro e d’un brand riconoscibile. Però sta per esplodere, ma non quest’anno, l’anno prossimo, forse. Per capire che tipo d’esplosione basterà avere pazienza.

Il calcio a 5 può essere una disciplina rilevante?, la risposta onesta è: si. A troppi però interessano nel movimento, più le coppette di plastica, la rivincita personale, l’apparire e per questo sono disposti a investire ingenti somme di denaro a fondo perduto.

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