L’era della disattenzione digitale

Questa è l’era della disattenzione digitale. Non abbiamo mai tempo. Afflitti spesso da FOMO. Non è un nuovo insulto creativo che debutta su queste righe digitali. Si tratta del Fear of Mission Out. La paura di perdersi qualcosa, di ritrovarsi tagliati fuori. Però a pensarci bene, suona bene anche come insulto.

Mentre altrove la comunicazione sportiva, si parcellizza, diventa estremamente agile per andare incontro e in un certo senso alimentare questa paura, nel futsal italiano si tende ancora a proporre un modello generalista.

Negli ultimi mesi sono comparsi altri spazi digitali che si occupano di futsal italiano, tutti quasi inevitabilmente si concentrano sul concetto di convenienza. Racchiudono in un unico contenitore le “notizie” che vengono distribuite dalle squadre. Una versione digitale del supermercato di vicinato.

Sebbene il concetto di “frictionless” cioè senza attrito tra prodotto e consumatore, sia un mantra di questa nuova epoca, queste realtà editoriali restano ancorate a un modello aggregativo. Non creano contenuti, si limitano a concentrarli, così che l’utente li trovi appunto convenienti.

La convenienza però non è un valore. È divenuta anzi un disvalore nell’epoca della disattenzione digitale. Perché il “già visto” provoca un ritardo nel ciclo delle notizie, dimenticabile con la facilità di uno swipe.

Il cliente che spende zero per consultare un contenitore che raccoglie notizie, semplicemente si sposterà altrove qualora si trovasse di fronte ad un paywall. Perché il contenuto presente non è generato, ma riproposto. L’utente è conscio che lo troverà altrove.

Ad aggravare la condizione d’irrilevanza delle “notizie” di futsal italiano non c’è solo l’effetto ciclostile. Poichè queste non vengono create, non ci sono content creators. Si ripropone al pubblico un infinito ciclo di confezioni stereotipate.

Non si cerca di parlare alla Gen Z, ai possibili nuovi fruitori. No, si parla ai soliti soggetti che pagano perché si parli di loro. Nel futsal il cliente è anche il fornitore che paga l’esercente perché gli venda la sua merce.

Mentre questo ciclo chiuso si autoalimenta, altrove la comunicazione digitale prova a relazionarsi con una generazione di clienti la cui soglia d’attenzione è scesa a nove secondi, come ha rilevato lo studio Tomorrow Jobs di Microsoft Canada. Come un pesce rosso.

Una generazione, con buona pace dell’occasionale ritardato, che vive su Roblox, Trove, Rec Room, VrCHat e ne dimentico sicuramente qualcuno. Che non guarda la TV che anzi non esiste perché è un monitor. Che non consuma Facebook, vagamente IG e sicuramente TikTok.

Per intercettarla, anche con un prodotto low-level come il futsal, è necessario operare con cicli di lavoro brevi e trasversali, operando su piattaforme ibride. Un modo di lavorare che dieci anni fa era già stato presentato da un manifesto di settore: Agile Marketing. Soltanto ora però, diventano realtà.

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