La scusa del rigore

Il calcio di rigore, qualsiasi sia la disciplina che lo applica, è probabilmente l’aspetto di quella disciplina più discusso. Quasi tutti lo considerano ingiusto, aggiungendo che si tratta di una lotteria. Gli economisti però, la pensano diversamente.

Possono anche dimostrarlo, prendendo in esame i dati disponibili nel calcio. Quello che offre tra gli sport con un calcio di rigore, il maggior volume di elementi rilevabili.

A prima vista i calci di rigore, sono appunto l’elemento più ingiusto di tutto lo sport. Difficili da valutare per l’arbitro, condizionati dalla tendenza dei giocatori a tuffarsi.

Lo scrittore canadese Adam Gopnik, scrisse sul New Yorker mentre seguiva per conto della rivista americana i mondiali del 1998: “il modo più comune per ottenere un rigore è entrare in area palla al piede, fare un bel respiro e poi crollare immediatamente al suolo a braccia e gambe distese, poi rotolarsi agonizzanti invocando una dose di morfina, mentre i compagni di squadra si strappano i capelli per la tragica perdita di una così giovane vita.”

Come afferma oltre Gopnik, il rigore: “dà luogo a un’enorme disparità tra il fallo commesso e la punizione assegnata”. Così diventa strategia comune, nel dopo partita dedicare, la conferenza stampa al rigore dato o non dato.            

Un lamento rituale che fa più o meno così: “il rigore ha stravolto il risultato finale. Sarebbe stata sicuramente una nostra vittoria o un pareggio, ma abbiamo perso a causa di un rigore (dubbio e ingiusto)”.

L’allenatore sa che la maggior parte dei giornali preferisce occuparsi di polemiche personali piuttosto che disquisire di questioni tattiche. Quindi è conscio di tenere, con quelle parole, lontane le polemiche eventuali sulla prestazione della sua squadra.

Nel mentre, l’allenatore che ha vinto, se gli si chiede del rigore, recita: “Non ha minimamente influito sul risultato finale. Avremmo senza dubbio vinto e l’avremmo sicuramente fatto anche senza quel rigore (ovviamente sacrosanto).

Questi due ritornelli rituali, degli allenatori, rispecchiano due diverse ipotesi sull’influsso dei rigori sulle partite di calcio. Il primo sostiene che i rigori distorcono il risultato. Il secondo afferma che non cambiano le cose.

In questo caso il guru di riferimento è Tunde Buraimo, un econometrista prestato al calcio. Cattedra in una delle più antiche università inglesi, che ha sede guarda caso in uno dei luoghi indicati come “football birthplace”, Preston.

Il campione preso in esame consiste in 1250 partite di Premier League, dalla stagione 2002 a quella 2006. Ebbene quell’analisi dei dati ha rilevato che la percentuale di vittorie per la squadra di casa, in caso di assegnazione di un rigore a suo favore è del 49.65%.

Quando però non viene assegnato alcun rigore, la percentuale è del 46,75%. Sorpresi vero? Non c’è alcuna relazione tra l’assegnazione di un rigore e l’esito della partita che sia tale da essere condizionante.

Stesse percentuali si rilevano per le partite in trasferta. Quel mero tre per cento di differenza è la forbice casistica dell’elemento di casualità. L’analisi prosegue con una infinita mole di dati utili a spiegare perché il rigore non è determinante.

Da quello stesso campione di partite, s’evince infatti che la squadra che ottiene un rigore ha una alta percentuale di presenza in area avversaria, che può scaturire nell’evento calcio di rigore, una sorta di sottoprodotto del gol.

Se la soglia delle partite terminate in vittoria con l’evento rigore a favore della squadra che ottiene tutta la posta in palio, avesse superato il 52 per cento, solo allora oltre quel limite, si sarebbe rilevata una influenza statisticamente rilevante.

Siamo però ben lontani da quella soglia, l’avvento del VAR non appena ci sarà un campione abbastanza rilevante di dati, probabilmente incrementerà la forbice di divergenza.

Il rigore resta un elemento estremamente affascinante per gli econometristi, per gli economisti classici e per coloro che adottano la teoria dei giochi. Il calcio, quello che è possibile misurare sul campo ha una percentuale di prevedibilità che spesso, sorprende anche il tifoso più accanito.

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