L’immagine nello sport costituisce elemento fondante della sua narrativa, da contorno alla scrittura a ispirazione della stessa. Dai cartoonist americani negli anni cinquanta, fino a giungere ai gol disegnati da Samarelli sul Guerin Sportivo.
Retaggio d’un epoca analogica, la narrazione per immagini ha sterzato più volte e repentinamente la sua ascesa verso la preminenza odierna, nel mondo della comunicazione.
Sports Illustrated, l’unica bibbia della comunicazione visiva sportiva non apocrifa, è da sempre testimone tangibile di questi mutamenti. La rivista si è evoluta con una maestria e una rapidità tale, da riuscire sempre a cavalcare le richieste del pubblico pur mantenendo l’alone artistico intorno ai suoi lavori.
In questa lunga epoca di digitalizzazione massiva, la disponibilità di strumenti e quindi prodotti visivi ha riversato sul mercato una quantità esponenziale di materiale, sfortunatamente di qualità discutibile.
Un gesto sportivo, che sia la corsa di un centometrista, oppure un tiro in porta, è una sorta di scultura. Le foto, semplicemente al gesto, offrono una narrativa di tipo cronistico, finiscono così con il somigliarsi tutte, inevitabilmente.
Una mission semplice nelle parole, quanto complessa nella sua realizzazione ha animato alcune delle menti più brillanti del racconto sportivo per immagini: Steve Sabol. L’uomo che ha cambiato per sempre come tutti gli sport, vengono raccontati attraverso le immagini.
La sua mission era: “Raccontare a qualcuno che ha già visto la partita, la stessa partita come fosse la prima volta”. Questa è ancora la sfida oggi di NFL Films. La creatura che è sopravvissuta sia ad Ed che a suo figlio Steve.
1965: primo a microfonare un giocatore e un allenatore durante una partita
1966: primo ad usare una grafica per spiegare una tattica
1969: primo ad usare una lente da 600mm in ambito sportivo
1971: primo ad utilizzare la visuale dell’angolo opposto nei replay
1995: primo ad utilizzare il formato cinemascope in una ripresa sportiva.
Ed Sabol aveva compreso, già nel secolo scorso, che è inutile riproporre al pubblico qualcosa che ha già visto. Il suo non convenzionale approccio alla narrazione sportiva, ha per sempre rivoluzionato il mercato.
Ed Sabol era un rappresentate d’abbigliamento con una visione, una telecamera con la quale riprendeva i momenti della sua famiglia e un debito di 100.000 dollari dell’epoca per acquistare i diritti di alcune partite della NFL.
NFL Film e Sports Illustrated, restano rilevanti perché hanno ancora il coraggio d’innovare, di cercare un pubblico nuovo, di adeguarsi ai cambiamenti sociali. Mentre tutti gli altri, copiano, loro innovano. Continuano ad aggiornare il linguaggio anche visivo.
Quindi il futsal che c’entra in tutto questo? I visual del futsal sono già visti, come quelli della pallavolo, del basket, del calcio. Provate a guadare una partita della NBA e poi una della Lega di Serie A. Guardate una partita di calcio e una della NFL, chiedetevi quale delle due racconta la partita e quale semplicemente la trasmette.
Nel futsal italiano si spende per trasmettere e non s’investe nel raccontare. S’è adottato un canone, vecchio di quarant’anni e si continua a strizzare l’evento sportivo fino a quando non lo si riesce a contenere all’interno di quello spazio limitato.
L’intera offerta visiva è condizionata non dalle necessità del potenziale cliente, lo spettatore. Sono dettate dal fornitore, la società sportiva. Così vi capita di vedere highlights di partite di 40 minuti effettivi che durano 8 minuti. Perché?
Perchè la squadra che li realizza, nonostante la sconfitta pesante, vuole mostrare i 24 tiri fuori dallo specchio della porta avversaria. Come a dire: “abbiamo perso però…”. Però cosa? “Abbiamo imparato”, “ci siamo battuti”, “non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta”? Davvero?
Due racconti uguali sono già troppi, quattro sono irrispettosi del lettore. Tre foto dello stesso giocatore che calcia in porta, dallo stesso angolo esattamente cosa raccontano di diverso? Foto da matrimonio ma in copia multipla, bellissime eh, se è il vostro matrimonio, noiosissime per tutti gli altri.
Davvero in una partita di 40 minuti effettivi di gioco, ci sono 180 momenti utili a raccontarla? Perché questo è il volume delle foto che solitamente vengono postate poi sui social. Centottanta foto, una al secondo? SI tratta di 3 minuti di partita. A questo punto meglio girare un video, no?
La triste realtà è che quelle 180 e passa foto, oltre a bruciare il motore delle reflex, servono da amo ed esca. Qualcuna sarà pure decente, qualcuna sarà condivisa, ne butto una manciata sul muro, qualcuna resterà appiccicata.
Quando vi chiedete come mai, è perfettamente legittimo ignorare il futsal (così come molti sporti minori) ecco, questa è una delle risposte possibili.