Troppo spesso i miei racconti partono dalle lacrime. Talvolta di felicità ma più spesso accompagnano il dolore. Questa storia parte da un pianto, da un paio d’occhi tristissimi e da una lingua che non conosco ma ho scoperto oggi, avrei dovuto imparare.
Stories, Luiza piange e racconta qualcosa. Quella tristezza suonava così genuina che ho chiesto a Google di raccontarmi così accadeva a questa piccola donna che arriva dallo stato di Santa Catarina.
Perché ho Luiza nel feed di instagram? Perché gioca a futsal, in Italia. Nel freddo e nebbioso nord della penisola, indossa una casacca nera con degli inserti verdi.
Lo fa da quando aveva tredici anni, lontano da casa. Un percorso che in tante compiono in un paese così grande come il Brasile, tanto da far sembrare ogni spostamento biblico almeno nelle distanze.
Luiza nel 2016 ha solo diciotto anni. I suoi sogni sembrano sul punto di realizzarsi. Gioca nella nazionale under 20. Milita in una delle squadre femminili di vertice in Brasile, il Leoas da Serra. Con indosso la maglia verdeoro ha appena vinto il Sudamercano.
Il suo ginocchio sinistro però ha una torsione anomala e i legamenti non reggono lo sforzo, saltano dolorosamente. Luiza si ferma per una stagione. A quell’età, un tempo che sembra infinito.
Al suo rientro, quando sembra che tutto stia per tornare alla normalità è il ginocchio destro a fermare Luiza. Saltano ancora i legamenti. Insieme a loro saltano anche le certezze, vacilla un sogno e arriva la paura.
Il momento più buio, arriva troppo presto. I timori si prendono tanto dello spazio di una vita così giovane. Perché quando cedono i legamenti e sei un atleta che vive di agonismo, ti chiedi se tornerai quella di prima.
Se sarai più capace di eseguire gli stessi gesti con l’efficacia che t’ha condotto fino a quel punto. Il futuro diventa così sfocato da sembrare quasi buio. Non puoi che andare avanti ma quella direzione ti fa dannatamente paura.
Se provate oggi però a guardare la donna di 24 anni che avete davanti, se vi fermate ad ascoltarla, Luiza assomiglia ad un giorno d’inverno con il sole alto in cielo. È il ritratto di quella serenità che puoi trovare solo alla fine del dolore, è il calore del sole quando meno te lo aspetti.
Non avrete mai l’impressione che ci sia qualcosa di oltre, di nascosto tra le pieghe delle sue parole. Se la guardate negli occhi c’è esattamente lei, una ragazza che prova a convincere le sue ginocchia che non è successo niente. Che prova ad essere migliore, un giorno alla volta.
Nonostante le cicatrici. Anche quelle che non si vedono. Luiza calca il campo, ancora. Con quella dedizione di chi è disposto a giocare anche in porta pur di farlo. Spinta da una abnegazione che potete trovare solo in quelli che hanno rischiato di vedere il proprio sogno infranto.
Le ho chiesto dei sogni, lo faccio sempre, per me sono importanti. Quelli che non si sono avverati, quelli che stiamo ancora inseguendo e quelli che abbiamo realizzato. I sogni ma anche la loro assenza, raccontano per me, le persone.
Luiza non ha un sogno per se, ma per la sua “seconda mamma”, la sua zia che vuol portare in Europa, verso cure migliori per il tumore che l’ha colpita. Perché i sogni sono più belli quando sono condivisi.
Una piccola donna dalle letture interessanti (ricordati che mi puoi chiedere tutti i libri che vuoi), opinioni articolate e una curiosità che se pensate che sia facile trovare, allora non avete mai provato a leggere le interviste ai giocatori di futsal.
La ragazza spilungona con la coda e la fascia al braccio è tante cose, all’ultimo posto metterò: “la compagna di”. Perché se mi fossi fermato lì, avrei perso un’occasione, grande come un pallone calciato forte sul secondo palo, che deve solo essere spinto solo in rete.
Luiza, che poi è un LuiSa ma con la Z, ci vediamo a bordo campo. Porta sempre lo stesso sorriso anche quello triste di quando t’hanno appena rifilato sette reti senza che vedessi mai il pallone. Così potrò riconoscerti. Grazie, per il tuo tempo e le tue parole.