L’accordo e il contratto

Il futsal vive di contraddizioni, si agita in bilico tra linguaggi presi a prestito, norme pensate per i dilettanti di una disciplina diversa, prigioniero di soluzioni normative degne del peggior Tavecchio. È utile quindi, puntualizzare alcuni aspetti, per aiutare chi vuol comprendere, come già avvenuto per la questione del “pallone d’oro”, che non esiste nel futsal.

Pronti, via. Questi sono fatti e non sono in discussione.
Genericamente l’accordo di due o più persone sopra un oggetto d’interesse giuridico si chiama convenzione. Se la convenzione ha per oggetto di costituire un’obbligazione o di trasferire la proprietà o di costituire altri diritti reali si chiama, più particolarmente, contratto.

Gli accordi sarebbero quegli atti giuridici bi o plurilaterali che non sono contratti (“atti di autoregolamentazione dei propri interessi a struttura bilaterale o plurilaterale, che possono avere anche contenuto non patrimoniale” li definisce Donisi.

Il futsal però, nel suo desiderio d’essere considerato quello che non è, invece di creare un suo gergo ed evolverlo fino a farlo diventare un linguaggio, usa quello del calcio che finisce con il diventare improprio e fuorviante.

È arrivato Dicembre. Mese di svincoli nel futsal. Non di rescissioni consensuali di contratto, come qualcuno ha già iniziato a scrivere. Comunicando con la consueta dozzinale abitudine a non raccontare ma piuttosto a imitare.

Nel futsal, si procede allo svincolo consensuale che libera di fatto la società dilettantistica dall’onorare ulteriormente l’accordo economico con il tesserato dilettante. Quest’ultimo potrà così accasarsi altrove nelle finestra di svincolo di Babbo Natale.

Il futsal non è un Grande Gioco, al massimo ne è uno piccolo piccolo. Pieno di soggetti che si sentono Corso Manni mentre al massimo sono un Vicolo Manni, anzi un Vicolo Stretto perché giocano con i soldi del fortunato gioco da tavolo, il Monopoli.

Lo stesso “futsal mercato” non è affatto originale o rappresentato da quelle parole. È piuttosto una asta con i giocatori al centro e le società in competizione. Quando però gli stessi atleti, non sono così sciocchi da essere rimasti ostaggio del proprio tesseramento.

Tutto senza che sia possibile generare un margine di guadagno da questo tipo d’attività, a meno da non scegliere di pescare nello stagno dell’illegalità. Si perpetra così una delle criticità del futsal, non la sua penuria d’atleti indigeni, ma l’impossibilità di rendere la transazione una questione economicamente sostenibile.

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