Non posso camminare ma posso volare

L’universo sportivo, nella sue discipline, è probabilmente quello più refrattario ai cambiamenti.
Trincerato dietro ad uno stucchevole tradizionalismo, capita spesso venga superato all’interno, dall’innovazione.

L’evoluzione non sono biologica dell’uomo, se ne infischia dei dogmi elaborati dalle società di uomini.
Dieci anni fa nel calcio infuriava la caccia alle streghe contro la tecnologia, ora ci sono più sensori in un campo di calcio che su un drone da combattimento.

Questa storia parte proprio da qui, da un drone.
Uno di quelli anche costosi che in molti usano per collezionare “stock footage” credendo di poter ambire ad un premio del National Geographic.

Luisa Rizzo però guarda al suo drone come un pilota di motogp guarda alla sua moto. Dalla sua Zollino, in provincia di Lecce, fino a Shenzen in Cina. L’ha portata così lontano, a soli sedici anni, la sua abilità di pilota. Pilota di droni, in gara di velocità su circuito chiuso.

Spesso in una arena coperta, in diretta su ESPN negli Stati Uniti e sui principali canali sportivi in Asia. I piloti si sfidano su un tracciato, esattamente come se fosse una qualsiasi corsa automobilistica. Luisa rappresenterà l’Italia al FAI World Drone Racing Championship, dopo aver vinto il Campionato Italiano.

Quando hanno chiesto a Luisa perché s’è innamorata di questa disciplina, lei ha candidamente risposto: “perché sebbene non possa camminare, ho scoperto che posso volare”. In una frase all’apparenza banale c’è racchiusa la straordinarietà una storia, che Luisa spera diventi ordinaria.

Di ordinaria competizione, per tutti coloro che vivono una condizione di disabilità anche simile alla sua. Per poter trovare in uno sport quell’attimo di straordinarietà. Competere, libera. Senza limiti provando ad inseguire il suo talento.

Una disciplina estremamente accessibile, ci sono classi di droni anche veramente economici. Per iniziare a volare non serve altro. Qualche euro e la volontà di non sentirsi confinati, costretti in uno spazio più piccolo di quello che pensiamo di meritare.

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