FIFA, Futsal e World Cup

Se siete appassionati di futsal, anche al maschile, ieri non potete non aver visto e probabilmente condiviso, un video. Nel quale, le giocatrici più in vista delle principali nazionali di futsal femminile, ricordavano con un grido alla FIFA. il loro diritto ad avere una World Cup ufficiale.

Quei 59 secondi (esclusi i credits finali) rappresentano un viaggio tortuoso, uno sforzo umano ed economico. Un segno di vitalità e creatività. È uno schiaffo. È un grido d’uguaglianza. Ha un alto valore e non solo di produzione.

In questa idea non c’è nulla di casuale, l’annuncio alla vigilia dei Mondiali di calcio maschile, in un contesto di critiche alla FIFA per aver scelto un paese per ospitare la manifestazione che abdica ai più basilari diritti civili, soprattutto delle donne.

Donne che in quel video chiedono anche il rispetto dei loro diritti, di atlete e non solo di donne. Sacrificando ancora una volta qualcosa di personale, per riuscire a bucare il muro di maschilismo ed economia che dirige lo sport, tutto.

La prima Coppa del Mondo di calcio maschile è datata 1931. Il primo mondiale femminile di calcio risale al 1991. Ci sono voluti sessant’anni, perché la FIFA organizzasse la competizione al femminile. Do your math, vi direbbero gli anglosassoni.

La UEFA non è diversa, da. In quel di Nyon s’è deciso di organizzare la prima UEFA Futsal Champions League al maschile, solo nel 2001 quando era denominata Coppa UEFA. Il torneo ideato e voluto da Santiago Bernabeu esiste dal 1955.

Le donne del calcio hanno avuto la loro Champions League, nel 2001. Nei palazzi svizzeri sede del governo europeo del calcio, se la sono presa comoda, quarantasei anni. Questi sono dati e non sono in discussione. Sono frutto anche di una scelta economica, dell’odore dei soldi.

Le ragioni sono molteplici. Ma è inutile nascondersi dietro al cuore e ai sentimenti e non vedere le banconote che coprono il resto. L’unica risposta che interessa agli uomini che dirigono il carrozzone dello sport europeo e mondiale, è quella alla domanda: ci sono dei soldi da fare?

Le donne di questo sport sacrificano già il corpo, una parte del loro futuro, tutto il loro presente ad una disciplina, il futsal che quando sono fortunate, le ignora.
Quando non lo sono, parla di “coppa del mondo” e di “champions”, di “palloni d’oro” .

Danneggiando inevitabilmente la narrazione, la richiesta legittima di manifestazioni ufficiali, non di tornei ad inviti. Gli appassionati, anche quelli che semplicemente parlano tra amici di futsal, potrebbero iniziare così: parlando di questa disciplina senza scimmiottare, con la stessa precisione che le atlete riversano sul campo.

In un futsal femminile, inevitabilmente dominato dagli uomini, le donne di questo sport devono ergersi oltre il loro ruolo di giocatrice, devono partecipare da attrici protagoniste alla narrazione della loro disciplina.

Rifiutandosi di essere derubricate in conversazioni intorno alla figura di alcune “performer” latinoamericane. Comunicare attraverso luoghi comuni che non ottiene altro effetto che confinarle nello spazio di controfigura sbiadita, della scena maschile.

Ruolo di divulgatrici e attrici che dovrebbero ricoprire anche quelle atlete che non sono più impegnate nella pugna agonistica, più libere dallo schema imposto dalle società sportive del “ogni partita come una finale”.

Ogni banalizzazione della disciplina al femminile, ogni massificazione dozzinale, ogni ammiccamento ad una disciplina che non sia il futsal femminile, uccide le possibilità di questa, di emergere.

Quel video ha dato un volto alle atlete, ma quali sono le loro storie, perché ci dovrebbe importare così tanto, dov’è il loro spazio unico, la loro piattaforma sulla quale poter erigere un futuro migliore e un presente decente?

Alex Morgan è l’icona di oggi perché un giorno, nel caldo assurdo di Pasadena, Brandi Chastain mette a segno il rigore decisivo che regala la vittoria agli USA nel mondiale. Quello che accade dopo è più importante del gesto tecnico.

Un gol che vendica la sconfitta nella prima edizione ai danni di quella stessa Cina che quel giorno esce sconfitta. Brandi corre verso la bandierina del calcio d’angolo e festeggiando si toglie la maglietta.

Un gesto comune tra i calciatori, ma allora “scandaloso” per una donna che gioca a calcio. Quell’immagine inchiodò il calcio femminile nell’immaginario collettivo. Perché raccontava d’un calciatore che festeggia la sua prima coppa del mondo, che è anche una donna.

Per le donne, la normalità è scandalosa. Siate scandalose allora, scuotete quegli uomini che vi considerano una fastidiosa necessità. Trovate la vostra Brandi Chastain, anche più d’una. Forse riuscirete ad avere il vostro mondiale, quello che è un vostro diretto ma i diritti si conquistano, combattendo.

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