Per quanto uno sport come il futsal possa tatticamente assurgere a livelli di complessità paragonabili a discipline come il basket e il football americano, si gioca non con le mani e questo, in qualche modo ne muta sensibilmente le simulitudini.
Si gioca, appunto, con i piedi in dimensioni di campo limitate. Si è quindi confinati nella componente ortogonale: velocità – spazio. Facendo a meno del pollice opponibile per gran parte del tempo.
La quantità di informazioni che un atleta, può assorbire e tramutare in memoria muscolare, all’interno di un contenitore così condizionato, è legata al fattore tempo nell’unità di ripetizione di un movimento.
Quello che spesso però si trascura, in molte panchine e negli sport più disparati, è il tempo necessario di riposo funzionale tra le fasi di massima attenzione.
A meno che non si preveda d’imbottire gli atleti di Adderall, questi saranno capaci di un tempo limitato d’attenzione. Tanto in allenamento, con fattori di fatica inferiori, quanto in partita quando la componente dell’adrenalina ne aumenta l’attenzione fino a quando non viene obliterata dalla fatica accumulata.
È importante, quando s’allena un gruppo, ricordare che una continua pressione mentale, su concetti tattici, riduce di fatto la capacità d’attenzione del discente.
I momenti conviviali all’interno di una sana dinamica di gruppo, dovrebbero essere scevri di ogni riferimento all’impegno di lavoro, che sia anche quello dello sportivo.
La condizione di salute psicologica, dell’atleta condiziona la prestazione sportiva. Elemento spesso dirompente all’interno di questa dinamica, è la figura proprio dell’allenatore. Individuo che deve essere dotato di empatia, verso i suoi atleti.
Quindi non un buffone che salta sulla panchina come un scimpanzè denutrito allo zoo. Nemmeno un sergente Highway , ammesso che sia possibile replicare l’iconico personaggio di Clint Eastwood.
L’allenatore è l’asse d’equilibrio sulla quale deve muoversi senza cadere in acqua l’intera squadra. Sulla quale permetterle liberamente d’attuare le migliori scelte di gioco possibili.
Scelte estratte da un ventaglio di concetti. Per farlo gli atleti, devono sentirsi liberi di sbagliare, t’attingere anche alla soluzione meno probabile. Compito dell’allenatore è presentare alcuni dei possibili scenari tattici.
Nello sport al femminile, la conduzione psicologica del gruppo, è peculiarmente diversa da quella nella corrispettiva disciplina al maschile. Comprenderne le differenze è indispensabile.
Funzionale a non proporre al gruppo, un sistema di gioco che preveda un movimento che sia semplicemente meccanico. La mera ripetizione di un gesto. Criminalizzando la creatività, la soluzione di gioco alternativa.
Lasciando all’atleta in campo la libertà di interpretare uno spartito, di elaborare come crede meglio una filosofia, di rendere concreto un pensiero. Perchè troppo spesso e in troppi dimenticano che lì, oltre quella linea laterale, sembra tutto così dannatamente facile.