Aria di mare e aria di derby

Domenica è il brusio della conversazione al bar, il rumore di tazzine e cucchiaini che sbattono, così fastidioso per qualcuno. Tempo di cicli, motocicli e avvenimenti che si ripetono ogni ventotto giorni, più o meno.

C’è quell’aria che arriva dal mare e profuma di salsedine, forte. C’è un palazzetto che alla fine passarci davanti è una routine. È lì, da molto prima di un fast food piazzato davanti, ma è diventato: “quello dietro al Burger King”.

Domenica di derby, India – Pakistan di cricket nel parchetto di una piccola cittadina dell’entroterra. Partita vera che spesso finisce in una enorme rissa, travolta da un misto di rivalità nazionale e rivalsa personale. Evento che si ripete, tutte le domeniche. El Clásico.

Nella bolla del futsal al femminile, il Bitonto ne rifila dieci al malcapitato Irpinia che ha subito 20 gol nelle uniche tre partite della stagione. Il Molfetta si prende i primi tre punti della sua stagione da corsaro, in casa della Lazio che incassa la seconda sconfitta stagionale.

Sui giornali nazionali capeggiano titoli sulla disfatta della Juventus a San Siro contro un Milan risorto dopo la scoppola subita a Stamford Bridge. Su quelli locali c’è il solito spazio riservato al futsal, quello immediatamente prima dei necrologi.

I derby sono delle stracittadine, tra squadre della stessa città. Nel futsal travolto dalla necessità di creare una narrativa che somigli a qualcosa che non è, ne crea di nuovi, di continuo. Un ciclo e un re-ciclo di cliché.

Assenti gli ingredienti essenziali. Una storica e sportiva rivalità. Che manca se t’incontri solo da due anni e la geografia non è una opinione. Non c’è l’antagonismo tra tifoserie, quelle degli ultras, degli striscioni, di: “Giulietta è na zoccola”.

Forse non sarà una partita bellissima, però: “tutti al palazzetto”. Perché l’evento sportivo deve essere vissuto dal vivo, anche se quel “LIVE” è destinato a mutare, profondamente.
Accade mentre in tanti guardano al passato.

Partita intessuta di storie, di donne e anche di uomini. Cucita con il filo spesso delle parole non dette e di quelle urlate. Che odora forte come il fiume che divide i moli del porto, insomma puzza.

Donne che portano in campo tanto più del semplice agonismo. Le adoro per questo e le odio, allo stesso identico modo. Nemiche di loro stesse ed aiutate decisamente ad esserlo.

Una delle squadre avrà indosso dei colori, quelli della SPAL ma che nella loro città ancora associano ancora in tanti, ad una cantilena. Gatta, Benini, Camplone, Di Cara, Bergodi. Loseto, Gasperini, Gaudenzi, Pagano, Rebonato.

Non sarete mai così, lo so. Sarebbe meraviglioso se lo foste. Capaci come quella squadra di sollevare una intera città. Quella che non c’è più, come Manuel Estiarte, come le nazionali senza filtro e quel buco a centrocampo.

Ci sarà un tabellino e un tabellone. Alla fine. Nel mezzo spero di trovare una storia, anche fatta di pesci di gomma. Per raccontare ad altri, di queste donne che corrono dietro ad un pallone mentre inseguono una chimera.

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