Pressione Alta

C’è chi guarda il futsal e chi lo osserva. Due attività che solo all’apparenza possono sembrare simili. Per poter raccontare nel miglior modo possibile, quello che gli americani definiscono “X’s and O’s”, cioè la tattica, avevo bisogno di qualcuno che potesse aiutarmi a capire.

Le domande, quelle scomode, quelle che possono rompere sia il cerchio che la botte, non tutti sono disposti ad ascoltarle. Spesso anzi, accade il contrario.
In una disciplina, immunodepressa alla critica, pervasa di un demitismo estremo, tutti scelgono la strada più semplice.

Quella risulta però, più trafficata, o trafficanti … confondo sempre. Da queste riflessioni, nasce Mutuo Pensiero. Che inizia oggi e proseguirà per tutta la stagione, allenatori che desiderate esprimere le vostre idee, sentitevi liberi, di scrivermi.

Non è mai scontato che concetti e parole, possano formare una sorta di partnership. Quando si raccolgono pensieri è necessario che cresca una intesa, come in una squadra che impara a conoscersi sul campo, giocando.

Decido quindi d’aprire il gioco tagliando il campo in verticale, con la prima domanda.
Chiede del Quattro – Zero.
Non è solo un numero, ma un concetto di gioco. Lui, fautore della pressione portata nella metà campo avversaria, sempre e comunque anche quando stai vincendo.

Perché aggredire il portatore di palla è un movimento di concerto che ha cambiato il gioco, per sempre. La Spagna, nel torneo Finalissima, è stata costretta a buttare la palla in avanti, per sfuggire alla pressione dell’Argentina. Questo è cambiare il gioco, costringere l’avversario ad adattarsi a te e non viceversa. Generare un mutamento.

Così osservare la Kick Off aggredire sulla linea di porta l’avversaria, costringendola a sparacchiare il pallone, inizia ad avere senso, anche per me che guardo. Quel movimento in avanti della squadra è uno sforzo comune, d’insieme.

Il movimento e la corsa, sono due condizioni altamente allenabili, alla portata anche di giocatori meno dotati tecnicamente. Aggredire l’avversario così in profondità non è solo una questione tattica. Rappresenta un segnale mentale.

Comunica all’avversario: “ci dovete battere, dovete uscire da lì con le vostre abilità, non vi lasciamo metà del campo a disposizione”. Garantisce in una certa misura, un rinforzo psicologico a chi la attua.

Ecco che queste riflessioni si trasferiscono sul campo. Ogni volta che le milanesi arretrano, allentando la pressione, le avversarie acquisiscono fiducia e costruiscono le loro azioni offensive.

L’identità di una squadra si costruisce anche così, con il rinforzo positivo. Ma non solo. Sono necessari anche i giocatori funzionali ad adottare una tattica. In questo semplice concetto, spesso s’inciampa in uno degli ostacoli più infidi della disciplina.

In un futsal che si è evoluto, in maniera molto simile a quello di illustri “cugini” come il basket o il calcio, la componente fisica riveste ora una importanza fondamentale. Così come l’analisi minuta dei dati.

Se nel calcio il norvegese Haaland è il fenotipo del giocatore moderno, il portoghese Zicky lo è nel futsal. L’arroganza atletica unita ad una spiccata abilità tecnica, costituiscono una combinazione letale. Ronaldo, il fenomeno, fu il prototipo della nuova generazione.

Muta così anche il gesto del dribbling che in molti casi si trasforma in uno spostamento del pallone e in una accelerazione violenta in verticale. Non è un funambolico gesto tecnico. È un funzionale strumento per creare superiorità numerica.

Le ripartenze di Rafaela Pato Dal’Maz sono appunto questo. Una giusta miscela tra struttura fisica e coordinazione tecnica. L’abilità tecnica di qualsiasi giocatore ne esce diminuita se non riesce a raggiungere fisicamente il pallone.

Il dominio fisico mostrato da Stegius, nella partita contro la Vis Fondi, unito alle doti balistiche, è un secondo tassello del complicato mosaico che costituisce il ritratto del giocatore moderno.

Un ritratto questo che risulta ancora più marcato nei tratti quando si esaminano le nuove leve del futsal anche solo europeo. È tramontata una era, non solo tattica ma soprattutto fisica.

Vent’anni fa se eravate grandi e grossi, non potevate giocare a pallone. Oggi se siete piccoli e brevilinei, non potete giocare a pallone. S’è attuato uno sconvolgimento copernicano.

Ci si è dovuti adattare. Pena per quelli che non l’hanno fatto, l’anonimato. L’essere costretti a ricordare dei bei tempi andati, quando probabilmente si praticava una disciplina che somiglia molto a questa, ma non è la stessa, è triste. Come lo sono certi anziani, al bar.

Percepire queste differenze dovrebbe comportare anche una capacità di analizzare l’evento sportivo, per quello che è nella realtà dei dati e non attraverso il prisma dell’ego del presidente di turno. Al netto quindi, di tutti i Benito Fornaciari del futsal.

L’effetto ego prismatico è più rilevante quando si esamina la classifica marcatori. L’assioma corrente è: “ha segnato cinquanta gol”. Un dato incontrovertibile ma assolutamente decontestualizzato.

Ho segnato cinquanta gol a Fifa 23. Ecco che il contesto cambia l’asserzione, radicalmente. Curioso che nel futsal spesso non avvenga alcuni analisi fattuale. Eccone una. I primi tre giocatori della nella classifica dei cannonieri della passata stagione al femminile, hanno realizzato il 71 per cento delle loro reti contro le cinque peggiori difese.

“Nobody seems to care.”
Forse per la questione annosa, dei Fornaciari impegnati a comprare le figurine dei calciatori. Oppure per semplice disattenzione e ignoranza. Estendendo la ricerca, nessuno all’apparenza, sembra concentrarsi sulla percentuale di occasioni da gol create versus quelle concretizzate.

Ci sono giocatori dalle straordinarie doti realizzative capaci di andare a segno solo per il 15 per cento delle occasioni da gol create. Certo, capaci di realizzare cinque reti in una partita ma a fronte di 15 occasioni da gol.

Voi assumereste nel vostro ristorante un cuoco che cucina bene solo il 1 piatto ogni 3? Vero, questo è un esempio estremo, ma necessario ad elevare l’importanza di questo concetto.

Probabilmente ad un giocatore capace di liberarsi facilmente dell’avversario andrebbe affiancato un grande realizzatore, possibilmente che non sia ultra trentenne. Il lavoro mentale nel convincerlo poi a fornire l’assist, quello è un discorso a parte.

Al termine di questa prima lunga chiacchierata, ho il taccuino ancora pieno di appunti, che somigliano anche a scarabocchi, colpevole. C’è già materiale per una seconda puntata, forse anche una terza e una quarta.

Exit mobile version