C’è chi fornisce armi per combattere una guerra, chi libri. Perché c’è sempre una battaglia che infuria da qualche parte. Oggi, c’è chi muore davvero combattendo per la libertà. La retorica da linea del fronte è stucchevole e quasi un peccato dantesco applicarla allo sport.
Questa storia inizia tuttavia con qualcosa da leggere, un racconto della finale della Champions League africana. La CAF Champions League nel suo atto conclusivo vede scendere in campo, i favoritissimi egiziani del Al-Ahly. Decisi a vincere la terza coppa dei campioni, di fila.
Si gioca però nello stadio di Casablanca, quello di casa dello Wydad, avversario dei campioni uscenti. Il ventinove maggio 2022, chiunque sia entrato in quello stadio racconta che il frastuono della tifoseria di casa, era superiore al boato dei supporter per il derby della Lanterna.
Mentre leggo quelle righe, pezzi d’altre storie si attaccano a questa.
“…che il casino che hai fatto è stato un elemento cruciale in tutto questo, rende la cosa speciale, perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori e se tu non ci fossi stato, a chi fregherebbe niente del calcio?…”
Novanta decibels di media, si registrano quella notte all’interno dello stadio Mohamed V, 66mila spettatori contro i mille arrivati dell’Egitto. Qualsiasi otorino che non abbia trovato per strada la sua laurea, vi confermerà che quell’ammontare di decibel, corrisponde alla soglia del danno permanente in caso di esposizione prolungata.
Eppure da qualche parte, ricordo d’aver visto registrare anche 110 e 120 decibel, dal vivo più di una volta. THE NEST, ecco dove. La “curva” dello squadra dei Seattle Seahawks, di football americano, che occupa una consistente porzione del Lumen Field. Nel 1993 nella partita contro i San Francisco 49ers il boato di The Nest, fece registrare i 136.6 decibels. Attualmente il record mondiale.
Tutto quel rumore, a Seattle come a Casablanca, rende impossibile comunicare. Tra giocatori, con la panchina e provate a pensare la pressione psicologica esercitata sugli avversari, da sessantamila persona che quel giorno, vogliono vederti perdere.
Se si eccettua un annoiato Gianni Infantino in tribuna, tutti quelli presenti a quella partita, compreso l’esperto di cultura del tifo Martino Simcik, l’hanno definito un evento unico. L’atmosfera per ammissione dello stesso tecnico del Wydad ha contribuito all’impresa della squadra marocchina.
L’impossibilità concreta per gli egiziani di comunicare tra loro per trovare una soluzione di gioco all’asfissiante pressing avversario, li ha lasciati per lunghi tratti del primo tempo, in balia dell’avversario. Il due a zero finale, racconta di una partita dominata dalla squadra tecnicamente meno dotata.
Quello che rimarrà però nel ricordo, di tutti quelli che quella notte erano stipati nel Mohamed V, non è solo quello di una partita di calcio. Ma quella di una notte che non può essere spiegata, è una sensazione che deve essere provata.