Non siete di Bologna

Accade spesso, sempre più di frequente, di leggere commenti anche di personaggi rilevanti nel panorama della comunicazione sportiva, circa la preminenza nociva del calcio sulle pagine e negli spazi d’informazione di settore.
Come se le svariate decine di milioni di appassionati di calcio, solo in Italia, avessero una qualche equivalenza con le centina di migliaia di spettatore di un qualsiasi altro sport.

In quella che nelle dinamiche social digitali viene definita: emotional distress response, cioè la necessità emozionale di partecipare ad uno squilibrio emotivo, tutti s’affrettano ad collegarsi, condividendolo, ad un supposto disagio simile a quello che provano.

Se l’avete fatto anche voi, avete semplicemente marciato all’interno d’un sentiero tracciato in precedenzai, come un gregge. Nulla di cui vergognarsi, un bias che condividete in molti. Siete la ragione del successo finanziario dei social network. Allo stesso modo siete il fallimento delle piccole discipline sportive che credete di aiutare.

In Italia, con l’eccezione di Bologna, non esistono località metropolitane nelle quali ci si identifica come tifosi diversi da quelli di una squadra di calcio. Solo sotto le due torri, ci si definisce della Virtus o della Fortitudo. Esattamente come nel medioevo si poteva essere Guelfi o Ghibellini.

Con l’eccezione di questo caso particolare, al di fuori della loro nicchia di mercato, a nessuno importa davvero del basket, del volley e a maggior ragione del futsal. Nella misura da renderlo un prodotto competitivo, con il calcio in Italia. Il perché di questa condizione richiederebbe studio e la redazione di un paper. Non è questo lo scopo di questa colonna.

È piuttosto quella di analizzare, cristallizzare una situazione che ad ignorarla si danneggiano solo quegli sport che vorrebbero emergere. Invece di chiedere spazio per uno sport, ci si dovrebbe chiedere con feroce brutalità: “come mai non gli frega a nessuno?”.

Solo qualche giorno fa, Aldo Cazzullo, una delle firme principali del Corriere della Sera, il maggior quotidiano a diffusione nazionale in Italia, intervistava Francesco Totti. Perché l’ottavo re di Roma si candida alle prossime politiche? Perché annuncia una nuova serie tv? No.

Per raccontare che è stata Ilary ad averli messo le corna per prima, con più di un uomo e che le ha anche fregato i rolex. Articolo più letto di sempre, sul sito del Corriere. Più dei funerali della regina, più della corsa a Palazzo Chigi, più della guerra in Ucraina.

Io ero tra quegli avidi lettori. Perché il calcio è riuscito a diventare showbiz. Perché le coppie di calciatori e soubrette, sono l’italica versione della famiglia reale che abbiamo cacciato senza troppe cerimonie con il referendum nel dopoguerra.

Così i Kardashian lo sono negli States, quando prima erano i Kennedy e tutti sanno oltreoceano, chi è la fighissima moglie dell’attuale quarterback dei Denver Broncos: Russell Wilson. Non dovevo ricordarvi vero che i funerali di Kobe Byrant faranno sembrare quelli della Regina Elisabetta una cerimonia in forma privata.

Se il vostro sport non si merita un dominio di secondo livello sul sito della Gazzetta dello Sport, non dovete reclamare uno spazio che il pubblico non vi attribuisce. Dovresti chiedervi come mai vi snobbano, come mai è perfettamente normale ignorarvi.

Il futsal non si fa questa domanda. È troppo impegnato a rivendicare una nobiltà e una superiorità che s’è auto attribuito. Preferendo attribuire la responsabilità del suo anonimato ad una enorme pletora di variabili che ad esaminarle risultano essere semplicemente una cortina fumogena.

La NBA è un marchio planetario, il basket italiano no. La NFL fa disputare sei partite in Europa, tre in Gran Bretagna e tre in Germania. Il futsal non ha nemmeno i palazzetti dove far disputare le partite. Sicuro che volte misurarvi con questi colossi che sfidano il calcio e non con il freesbee?

Il futsal vorrebbe essere qualcosa che ha timore di essere. Per questo s’avvolge in un ciclico ricorso di avvenimenti già visti. Di eventi sognabili, di case del futsal e perché una vita da Arzignano in fondo, non si nega a nessuno.
Almeno una volta.

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