And1 è un must see

In una di quelle solite notti troppo corte per fare tutto tranne dormire, la mia lista di “cose da vedere”, smaltisce quindi un elemento. Press play on tape, perché fa molto anni ottanta.
Untold: Ascesa e declino di AND1.

Mentre scorrono i titoli di coda, si sono accumulati sul mio personalissimo taccuino, decine di righe. Nelle quali ho annotato le aderenze tra questa storia d’un brand sportivo, di basket giocato per strada e il calcetto.

Il futsal è uno sport pieno di contraddizioni. Vuole essere troppe cose, senza esserne poi nemmeno una. Ha una ondivaga identità, perfino nel nome. Un essere diverso dal calcio ma poi rivendicarne la parentela, la propedeutica.

Cerca disperatamente di distanziarsi dal calcetto giocato da milioni di persone in Italia. Questo è futsal, non calcetto. La frase più utilizzata. Relegando in un angolo buio, la sua versione meno nobile.

Cerca di essere percepito come uno sport professionistico restando dilettante e allo sbaraglio nei suoi dirigenti. Nelle sue dinamiche e perfino nel suo racconto interno.

And1 non è solo la storia di un brand, è quella di una nicchia di mercato ignorata ma vastissima. And1 è storia di playground, di talento che non s’è realizzato. Una storia di successo, di caduta e di come si monetizza una cultura.

Il futsal ha i suoi playground, quelli nei quali si gioca a calcetto. Calcati con molta probabilità da molti giocatori che militano nelle serie minori del calcio, con abbastanza talento per il calcio ma non sufficiente per i professionisti. Molti ignorano che esista il futsal, come disciplina sportiva.

Invece d’inseguire la sua base, il fuSTal insegue con pervicacia un etilismo stucchevole, perché privo di una base che aspiri a quel livello. Gli anglosassoni direbbero che è non costruito “ground up” ma “top down”.

Avrebbe senso se il futsal fosse una lega professionistica, ma non lo è.
Perché quindi, non puntare sulla sua base, invece di ostracizzarla. In Italia si continua a parlare di un pubblico del futsal, che in realtà non esiste.

Si tratta d’appassionati presi a prestito dal calcio, fidelizzati nella misura in cui il futsal non ostacoli la possibilità di seguire la propria squadra del cuore. Ricordo ancora il cronometrista che attraverso il suo smartphone seguiva anche il Napoli di calcio, impegnato nel suo turno di Serie A.

Anche considerando il futsal italiano un prodotto, manca il potenziale acquirente, quello che non sia legato alla disciplina da legami di parentela o genealogia varia.

Almeno nella misura di un “small viable market”, cioè del numero minimo di acquirenti necessari a sostenere le spese. Nessuno indossa le scarpe del 40enne Cardinal nei campi da calcetto italiani. Quelle che usano sono quelle che hanno trovato disponibili, nel primo negozio di scarpe nel quale sono entrati.

Nessuno corre nei negozi online della lega di futsal per acquistare le magliette originali del proprio beniamino. Il biglietto d’ingresso agli eventi, ai più sembra moralmente ingiustificato perché gli spalti sono generalmente deserti.

And1 racconta di quella fetta di popolazione che non può permettersi un biglietto per il Madison Squadre Garden. Per guardare la NBA, i professionisti in azione. Di una sottocultura che è la base ostracizzata dall’etilismo della National Basketball Association.

Quegli appassionati affollano quindi i campetti di periferia, corrono a vedere i loro beniamini. Quella gente, prima riceve in regalo e poi inizia ad acquistare il VHS delle gesta di quegli atleti, di quelli che conoscono perché abitano nella stessa via.

Come ancora t’accade con i giocatori di futsal, che incontri al bar o a correre sulla spiaggia vicino a casa tua. C’è quel legame, ma nessuno disposto a crearci un prodotto intorno. Si cerca ancora una volta di scimiottare il calcio, che è altro, un prodotto mondiale.

In molti inorridiscono quando leggono “calcetto” invece di futsal. Dimenticandosi che basterebbe specificare che il calcetto è quella cosa che paghi per farla, il futsal è quando talvolta ti pagano per farla.

In Argentina, c’è una sorta di sottocultura dei tornei nei barrio, c’è un circuito di tornei amatoriali altamente competitivi. Sui quali spesso si regge la serie maggiori di futsal argentino. In Italia non abbiamo niente di tutto questo.

Così il futsal e il suo possibile pubblico restano separati. Anzi orgogliosamente distinti. Rendendo di fatto impossibile rispondere ad una domanda fondamentale: perché devo seguire il futsal?

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