Futsal France Academy

Le manifestazioni giovanili, in tutte le discipline, tendono a mostrare al pubblico un set di valori, spesso diverso da quello del livello “senior”. In giovane età il talento costituisce un fattore rilevante, l’esperienza è livellata verso il basso.

Se c’è una squadra che m’ha particolarmente sorpreso, in questo Europeo di futsal Under 19 è la Francia. Se si escludono gli exploit sportivi dell’ACCS Paris, che in Champions League mandò a casa il Pesaro di Colini, non si registrano altre prestazioni rilevant del futsal d’oltralpe.

Mi sono chiesto, com’è possibile quindi raggruppare e addestrare il talento tecnico messo in mostra anche nelle due sconfitte nella competizione, dalla Francia Under 19.
Com’è possibile vedere tanta tecnica in un gruppo che esiste da circa tre anni, com’è che nonostante le disavventure finanziare del suo top club, la Franca continua ad allevare talenti.

Così brillanti da venire cooptati dalla Liga spagnola, al momento il miglior campionato di futsal del continente europeo. La Francia è una nazione senza storia nel futsal, com’è possibile che accada questo?

Com’è oltralpe il movimento del futsal? Ho chiesto a David Rondón, che gioca in prima divisione francese da dieci anni. Scopro che il campionato transalpino si muove ancora in uno stato embrionale ma in veloce espansione.

Con un pubblico che inizia ad affollare gli spalti e alcune squadre possono contare su un seguito di tifosi che si possono contare nell’ordine delle migliaia.

Acerba ancora tatticamente, la prima divisione francese soffre di quegli squilibri tipici di ogni disciplina. C’è ancora molta disparità tra i top team e quelli di fascia medio bassa. Il livello retributivo per gli atleti è in crescita ma non omogeneo. Insomma nulla di diverso dalle leghe “non iberiche”.

Seconda e terza divisione francese sono al momento un laboratorio. La FFF (la federazione francese di football) è alla ricerca della formula più idonea alla sostenibilità della disciplina a livello regionale.

Com’è possibile quindi che in Francia sia stato possibile, mettere a disposizione della nazionale tutto quel talento tecnico, in così poco tempo? Questa è una domanda che David m’ha invitato a rivolgere al CT dei “Blues”.

Raphaël Reynaud, commissario tecnico della Francia, s’è dimostrato disponibilissimo nonostante avessi un milione di questioni da porre. Nella nostra chiacchierata il numero delle mie domande è cresciuto esponenzialmente in virtù della qualità delle sue risposte.

Scopro così che la Francia possiede a Lione, che lui c’ha tenuto a scrivere Lyon che è la dicitura esatta, un centro sportivo federale. Una sorta di Acqua Acetosa sommata a Coverciano con l’ulteriore addizione della Ciutad del Real Madrid.

Da tre anni, la FFF organizza sei tornei di tre giorni. Uno per ogni regione francese. Il Commissario tecnico presenzia a questi tornei nei quali si scontrano i migliori talenti locali tra i 15 e i 18 anni sono inviati li dai club

I trenta migliori talenti per ogni fascia d’età sono invitati ad uno stage. La successiva ulteriore selezione, riduce il numero dei giocatori ad 8 per fascia d’età. Questi verranno ospitati nel centro di Lione per tutta la settimana, nel weekend torneranno a giocare per i rispettivi club d’appartenenza.

Otto allenamenti alla settimana. Tutto a spese della FFF, insomma paga il calcio. Con un modello che ha già funzionato nel calcio, anche quello al femminile. Non pensavate davvero che il Lione femminile fosse un miracolo maturato nella lontana fontana di Lourdes.

Ecco spiegata tutta quella abilità tecnica, quella sfrontatezza mentale dei giocatori della Francia under 19. Una ricetta sportiva, profondamente diversa da quella portoghese. Un programma centralizzato quello della FFF, che segue un modello orientato alla iperspecializzazione degli istruttori.

Ascoltavo il CT Reynaud raccontare di un futsal che investe cifre cospicue nel suo futuro, lo fa iniettando di fatto denaro nelle società, accollandosi l’onore di crescere nuovi talenti indigeni. Conscio di una responsabilità che anche nello sport professionistico spesso si scontra con una ineluttabile quanto taciuta realtà.

La nazionale non è un interesse dei club. Rappresenta una fonte di potenziale costo. In termini d’infortuni potenziali, incremento degli ingaggi, la nazionale non è una risorsa per le società. Ma nessuno è disposto ad ammetterlo.

Si trascina così, da anni in tutte le discipline questa ambivalenza. Questa necessità di mantenere un sistema sano, foraggiandolo con nuove leve, che non siano a detrimento della qualità della competizione.

L’investimento di una federazione, ha senso proprio perché tutela un interesse particolare apportando anche un benessere generale. Funge da volano, da acceleratore per un cambiamento che se confinato ad interventi legislativi potrebbe richiedere eoni.

È dovere di una federazione farsi carico di una squadra di cui trae unico e univoco beneficio, in una competizione che non porta lustro soprattutto alla governance che ne è responsabile.

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