Come quel cielo blu, come un sogno

Vado via, spengo la luce e chiudo la porta. L’ascensore è lucido, profumato, lo specchio è grande. Inutile nasconderlo: una cosa bella piace a chiunque. Il problema non risiede nel gusto estetico, ma nella sua contestualizzazione.

Più riusciamo a contestualizzare la bellezza, più sviluppiamo un gusto estetico profondo che va al di là del tempo in cui viviamo e dei canoni da cui siamo influenzati.

Per me sei bellissima, amica mia. Quando ridi tra i grattacieli che solcano il cielo, cadono in mare i miei pensieri come corpi senza speranza. Fazzoletti rossi in cerchio.

Una corsa a perdi fiato, quella di giorni rocamboleschi come questi. Dove c’è da fare, perché si ha voglia di fare. Senza mai usare il tempo come scusa.

Mi viene in mente la mia vita adolescenziale: senza preoccupazioni, senza la paura di ciò che dovrei fare o non fare e di ciò che gli altri dovrebbero pensare di me.

Non ho bisogno di trovare conferma negli altri e il drinking è solo social. A quell’età non puoi salire all’ultimo piano della vita, anche quella di tutti i giorni, e guardarla per cinque minuti da lassù.

Scopri poi, troppo poi, che le emozioni le trovi facendo, quello che ti capita. Mentre cerchi di fare quello che vorresti. Guardare la vita dall’alto: ognuno di noi dovrebbe provare a farlo.

Per comprendere che un palazzo è bello anche se sporco, le strade larghe non sono belle solo a New York. A volte quello che sembra un mare, infondo è un fiume anche se non vedi l’altra riva.

La fede è qualcosa difficile da trovare, mantenere e coltivare. Forse non basta dire: “Se ci credi ci arrivi”. Senza illusioni, perché il cielo sopra al mare è più chiaro.

Pensieri che diventano parole, qui. Dove la decadenza non è un momento storico, ma uno stato dell’anima. Dove la felicità non è un sentimento, ma un modo di vivere.

Infondo se nella vita non hai deciso di vivere nell’attesa di un qualcosa che forse non verrà mai, ma godendo di ciò che hai; significa che puoi essere qui accanto a me.

Fermarsi anche sono nell’attesa che arrivi l’acqua della risacca. Sentire addosso anche le fibre dei vestiti, il dolore delle ferite ancora aperte. Quelle che non diventano mai cicatrici.

Nostalgia. Perché poteva essere più bello, migliore. Anche senza capirlo, anche senza accorgersene. Nostalgia, perché la distanza non la cancelli con un viaggio, la tristezza non la curi con una torta, un amore mai vissuto non lo vivi immaginandolo e basta.

Sciolgo questo nodo in gola con altro fiato. Apro il finestrino, perché mi manca l’aria a pensare che tutto questo finirà. Non posso tornare indietro, non posso riempire una bottiglia con del vino che ho già bevuto.

Come non posso far tornare il tempo perduto o vissuto. Non mi voglio accontentare, voglio ripartire. Da questo. Dall’accettare che la diversità è in quello che non comprendiamo, ancora.

La conoscenza è l’unico antidoto all’ignoranza, alla mancanza appunto di conoscenza. Quella che se regna dentro di te, si mangia tutto e ti rende vuoto.

Ho imparato a guardare verso il cielo accettando che fosse più blu di quanto credessi. O scoperto che il verde è un po’ più verde se lo guardi attentamente, che in questo sud del mondo anche i cani hanno uno sguardo più intenso.

I bambini inseguono una mucca che scappa dal recinto, non la rincorrono per spaventarla nè tanto meno per farla tornare indietro, la rincorrono per gioco.

Giocare per divertirsi. Fosse anche solo per dimostrare che la paura di qualcosa più grande, la puoi battere, se hai il coraggio di correrle dietro.

Un po’ come i sogni: sono molto più grandi di noi eppure se non abbiamo paura di loro, prima o poi li raggiungiamo. Come quel bambino sulla collinetta.

Nero sul profilo arancione della luce del tramonto. Ci è riuscito. Dall’alto ride soddisfatto, perché quel sogno l’ha raggiunto e ha capito che la sua forza è stata tutta in quella corsa sfrenata. La mucca torna indietro da sola come d’incanto, come un sogno che si avvera.

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