Il mio club, la mia squadra, il mio quartiere. In pochi hanno ragionato sul perché ci riconosciamo in una squadra e non in un’altra, ne analizzano veramente le ragioni. In un posto all’apparenza straniero, oggi mi sento a casa, forse meglio. Così lontano dalla mia città, ma così vicino ai sogni.
Non solo i miei, ma quelli di molti. Quando non hai nulla, di materiale, non puoi che aggrapparti ai sogni. Lo sport è uno di quei catalizzatori di speranze per un futuro migliore. Un tortuoso percorso, fuori da e dentro a.
Bambini, bambine, non importa. Eccoli allineati per hockey, calcio, basket, danza, palestra, volley e tennis. Nessuna differenza di campi, palle, squadre, orari e opportunità. Rincorrono qualcosa che solo all’apparenza è un avversario.
Un formicaio d’attività. Per costruire oggi, quel domani che per ora esiste solo nel mezzo del buio della notte. Le guardo correre su questo campetto di cemento, con la fierezza delle principesse.
L’umido della notte si specchia anche sugli spalti. Verde intorno. Come il muro di cinta, come la speranza. Qui non si sogna di vivere meglio ma anche solo, di vivere. Forse è vero che per andare avanti, quella deve essere l’unica direzione possibile.
C’è un cartello su un muro scrostato dal tempo e dal sudore.
Recito a memoria: ” Entrare, uscire, mangiare, bere, amarsi, fare sport, parlare e discutere. Qua si può, ma non con la maglia degli altri. Solo con la nostra.”
Quando non costruisci calciatori ma provi a educare uomini e donne, la tua opera si tramuta in qualcosa di diverso. Operai che diventeranno la classe media, lavoratori che conquistano i loro diritti e otterranno privilegi. da trasmettere ai figli.
Appartenenza, diritti e doveri. Questa è la passione che fa vibrare queste mura. Cerco con lo sguardo quel cartello, ancora. Perché comprendere quelle parole, davvero, ti regala la consapevolezza di sentirsi di qua, che non è sentirsi di là.
Rinascere, rifarlo ancora, qui e adesso. Dove quasi tutto il legno odora di muffa, quasi tutti i lavandini sono sporchi, quasi tutte le porte sono scassate.
Eppure trovo sparsi in giro tanti sogni, dove c’è abbandono e indifferenza. Si scalda il cuore anche se non si riempie la pancia. Tutto questo infilato in angolo così remoto di mondo. Forse non è così brutta questa vita.
Scoprire nel viaggio, di non essere mai troppo lontano davvero. Occasione per raccontare di quest’altra strada. Di questa via alternativa che esiste. Scomoda, lunga, tortuosa e probabilmente nemmeno bella. Conduce in cima però, solo che non lo sai quando parti.
Guardo ora lo schermo, del mio smartphone. C’è loggato il social dei boomer: Facebook. Ecco, per scorrere i contenuti di quello spazio, ci vuole davvero coraggio.