La Stella del Sud

L’inverno australe omaggia la sua gente con tredici comodissimi gradi. Una temperatura che a casa non raggiungono nemmeno con il condizionatore a palla. L’odore del kerosene avio si mischia con quello dei corpi e del vento.

Questo è uno di quegli aeroporti, composti dell’essenziale. Tarmac, tre nastri trasportatori, una sala unica. Un magico angolo di Sudamerica, dove la semplicità è essenzialità. Qui, esattamente qui, si toccano tre nazioni. Crossroads.

Le città di frontiera le puoi riconoscere, da quella disposizione all’accoglienza, l’apertura all’altro, che sia una persona o una idea.

All’improvviso come se avessi svoltato un angolo invisibile, eccomi nel Nebraska. Buio, freddo. Fino al taxi all’uscita, l’inevitabile contrattazione e poi via verso una meta da chiamare casa, almeno per un po’.

Distanze americane, distanze che raccontano di una casa vicina anche se è distante trecento chilometri. Piccoli fiumi qui che in Europa sarebbero tra i più grandi del continente. Rocce da Jurassic Park, dighe cinesi, macchine globalizzate.

È notte fonda in questa parte di mondo. Il cielo australe con la sua moltitudine di stelle sembra illuminarsi come quello boreale di giorno. Mi sento come Cyprien Méré, La stella del sud.

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