Alla frontiera

Siamo abituati a misurare i viaggi in termini di distanza. Il mio, questo, lo devo misurare anche con il tempo. Sono passati quindici anni, dalla prima volta qui. Ci mandi alle superiori un figlio, in quel lasso di tempo.

All’odore del neon degli aeroporti s’è sostituito quello dei led. Intorno avverto gli stessi passi frettolosi di allora che mescolano il loro suono a quelli che sono in attesa di qualcosa o di qualcuno.

La saudade è una questione non di dove nasci ma di quello che ami. Così questo Sudamerica ti entra dentro, si sedimenta e s’aggrappa anche al passaporto. Pieno di timbri ma una sola destinazione, quella del cuore.

Ricordo la prima volta che ho guardato Rio, la natura selvaggia dentro all’agglomerato urbano. Il calare della sera tirava fuori colori sempre diversi, come se qualcuno pigiasse senza interruzione, il pulsante dell’avanti veloce.

Eccomi, un gringo come tanti, impegnato in questo percorso così diverso dagli altri, nel quale: non devo ma posso. Programmato seguendo cuore e passione, senza scopo apparente. Con un fine profondo, conoscere.

Mentre l’uomo dietro al vetro controlla anche la filigrana di quel libricino che sulla copertina ha ricamate le parole “Repubblica Italiana”, ho ancora davanti sessanta giorni di lingue latine, controlli e amici. Di odori, suoni e colori.

Un viaggio solitario ma incontro a qualcouno. A auelli che ti restano sempre, che trovano il tempo per essere anche solo una voce al telefono. Quelli che t’anno visto magro, grasso, con i capelli lunghi, quelli corti. Quelli che sei meglio ora anche se non sanno, com’eri prima.

Potrebbe passare, a qualche viaggiatore distratto, come un aeroporto di una qualsiasi metropoli nel mondo, se non fosse per degli strilloni che passano e urlano l’ultima chiamata di ogni volo. Non poteva che accadere qui e in qualsiasi altro posto troppo vicino all’equatore.

Tre a due, non è il risultato di una partita, ma di quanti punti vendita New Era e Havaianas puoi trovare in questo aeroporto internazionale. Peccato che l’azienda di cappelli di Buffalo è un colosso statunitense e l’altro un marchio internazionale verde oro che dovrebbe giocare in casa.

Il mercato globale, quello che ti ritrovi anche tra le mura amiche. Anche che il Flamengo “a nação rubro-negra” ha due store e una qualsiasi squadra della città del santo, nessuno. Marketing e merchandising livello pro.
Invasion of the Body Snatchers.

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