Gara tre della semifinale scudetto, è appena finita. Una volante della polizia, blocca l’uscita dal parcheggio della mia macchina. Lampeggiante accesi, il blu intermittente che illumina il palazzetto e poi le palazzine ex Ina-Casa.
Tu, davvero fai appello al mio coraggio, per raccontare quello che è appena accaduto? Davvero. Vuoi che sia io, a scrivere di questa semifinale, quando tutti l’hanno già derubricata a un: “chiudono il primo tempo sul 2-1, …nella seconda frazione, le padrone di casa dilagano andando a segno …”
Mi sembra d’aver riconosciuto tra gli operatori intervenuti, il tipo di AmaAbruzzo. Il poliziotto con la passione per le marathon in mountain bike, a spostare la macchina che blocca il passaggio della mia. Potrebbe essere. Nel caso, ho già chiamato mio zio, per sapere se era in servizio anche lui. Non si sa mai, torni utile.
Mentre gli uomini in divisa, sono ancora dentro, mi poni delle domande. Non sei l’unico, il telefono è pieno di messaggi. Dovrei raccontare io, le ragioni per le cinque espulsioni. Spiegare che c’è stata una corsa dal campo alla panchina che nemmeno le risse del baseball, quando “bench clear” diventa un modo di dire.
Dovrei farlo, per quale ragione esattamente? Perché poi un de-legato, scritto esattamente così, derubrichi tutto a “è un polemico, lo so io perché scrive così”. Ammiccando a motivi, preferendo i miasmi ai fatti.
Ti invito a riguardare, una seconda frazione di gioco, di uno sport che non è diverso dal suo fratello maggiore. Gli uomini e le donne, restano quelli. Non sono né migliore né peggiori, né questa relazione umana è condizionata dalla disciplina sportiva praticata.
Amo le discipline di contatto, adoro l’MMA. La vedo anche in VR, pensa tu. Si, quella disciplina che ha soppiantato la boxe. Proprio tu, che mi chiedi di avere coraggio, oggi. Ricordami quand’è l’ultima volta che mi sono tirato indietro.
Credo che tu mi confonda, con quelli affetti da dermatofitosi scrotale. Contratta forse costruendo castelli di sabbia. Forse m’hai confuso con quelli capaci di un cerchiobottismo tale da impartire lezioni anche a Ciriaco De Mita. Ti sembro in cerca d’approvazione? Ti sembro in cerca di un contratto da una squadra?
Lo spettacolo del futsal. Non è questo lo slogan? Perché invece di chiedere a me, le parole, per una volta non sono gli attori principali di questo sport a raccontare cos’è accaduto. Chiedi a loro, cos’erano quei continui parapiglia in campo, il saltare via dalla panchina ad ogni fischio. Forse era solo aggressività agonistica.
Non ti ricordano partite così, il Leeds di Don Revie? Campione d’Inghilterra, finalista di Coppa dei Campioni. “Dirty Leeds”. Titoli e medaglie a non finire. Non c’è nulla di nuovo, nulla che non sia già accaduto. Paul Bremner è stato il capitano di una squadra che per dieci anni, dalla provincia inglese, ha dominato la scena europea.
Un simbolo del calcio inglese, nonostante sia stato il primo giocatore mai espulso a Wembley, in un Charity Shield. Dopo una caccia all’uomo, insieme a Giles, perpetrata ai danni di Keegan, anche quest’ultimo poi espulso. Uscendo, entrambi gettarono la maglia in terra. Resta comunque un eroe, per qualsiasi uomo di Leeds.
I ragazzi in bianco, quelli della città dell’autostrada, quella in cui hanno ambientato Arancia Meccanica. Amati solo da quelli di Leeds. L’eterno dualismo con le squadre allenate da Brian Clough, che li accusava di non giocare al calcio.
Ecco, nulla di nuovo. Nessuna novità, nessun “best sport on earth”. Solo una disciplina, con la palla che rimbalza male, più veloce degli altri, più fisico e più tecnico. Queste caratteristiche più vere in Portogallo e Spagna, che qui nella penisola italica.
C’era sugli spalti, ieri, uno dei ragazzi qui del bar. Quello frequentato anche da molte giocatrici. Lui era entusiasta. Perché se sei aduso a frequentare lo stadio, quel genere d’avvenimenti è un corollario che rientra nel ventaglio delle possibilità.
Nessuna valutazione morale, nessun commento. Questo è stato il pessimo finale di uno spettacolo. Esattamente come accade per i film brutti, come Hot Shot, con Pelè nei panni del maestro Miyagi ma nel calcio. Tutti commettono errori, alcuni fanno ammenda, altri finta di niente. Ecco, a far finta di niente, non sono bravo affatto.