We have another “Sandy Hook”

Il piccolo universo del futsal, tanto quello italiano quanto quello mondiale, spesso scivola con abilità al di sotto della realtà che lo circonda. S’accorge della guerra in Ucraina quando deve rimpiazzare le squadre escluse dalla UEFA, Oppure quando San Marino ospita la nazionale ucraina e c’è l’occasione, per una amichevole a basso costo.

Questa mattina, avrei potuto scrivere un pezzo da “smart ass”, come avrebbero detto negli Stati Uniti. Far finta di niente e parlare dell’ennesimo inutile post, nel quale si segnalano addii di volti che non trovate nemmeno in “Indovina Chi”.

Far finta di niente, rispetto a quale avvenimento? Quello che ha provocato la morte di diciannove bambini, uccisi. Una seconda “Sandy Hook”, come se non fosse sufficiente averne avuta, una. Perché non viviamo in una caverna, in un Piccolo Mondo Antico come lo raccontava Fogazzaro.

Un pianeta diventato profondamente interconnesso, trasforma così la mia notte. Quella che spesso spendo consumando gli sport d’oltreoceano. Il feed del mio Twitter s’è trasformato. Muta forma, diventando un campo di battaglia, spiaccicato nel mezzo di una piccola cittadina del Texas, Uvalde.

Non è trascorsa nemmeno una settimana da quando, dall’altra parte degli Stati Uniti a Buffalo, “dove nevica sempre”, un uomo è entrato in un supermercato frequentato da anziani afroamericani. per falciare senza pietà gli avventori. Odio razziale, la teoria della sostituzione, tanto cara ai suprematisti bianchi.

Se Steven Kerr, nella conferenza stampa pre partita, dei suoi Golden State Warriors, non avesse inveito con disperazione e rabbia contro la “Universal Check Background”, ferma a Washington da due anni, questo probabilmente sarebbe stato un fatto tragico, confinato nei confini statunitensi.

Perché noi, ci sentiamo al sicuro, al riparo di un oceano, di leggi più restrittive. Di una cultura diversa incapace di generare quella tipologia di mostri. Ne siamo così sicuri?

Mentre scrivo scorre sul mio schermo, un commento Vincent D’Onofrio: “mentre mandiamo armi in Ucraina per fermare un massacro indiscriminato, perché non facciamo nulla per fermare quello che avviene sul nostro suolo”.

Un minuto di silenzio, qualche frase di circostanza, qualche gesto “peloso” e via così. Lo sport che pensa di essere altro dalla società che l’ha generato, deve scomparire, inghiottito da un oblio senza possibilità di redenzione.

Perché è colpevole della sua ignoranza. Ignorare cosa sia accaduto alla scuola elementare di Sandy Hook, non i mette al riparo da quella barbarie, solo perché pensiamo di essere, diversi.

L’abitudine ad ignorare i problemi nella convinzione fingere che non esistano li faccia semplicemente passare, non ci salverà. Perché ora arriveranno gli sciacalli degli “alternative facts”, che sono partiti proprio da li. Dal negare una strage in una scuola elementare e sono finiti a negare quello che è scientificamente provato.

Per molti, la giornata scorrerà come al solito. Lamentandoci del parcheggio che non si trova, del collega al quale puzzano le ascelle, della metropolitana sempre piena.
Per trentasei genitori, oggi, questo giorno non passerà mai.

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