Dopo la Spagna, amichevole con il Portogallo?

La seconda amichevole della nazionale maschile Under 19 di futsal in terra spagnola, finisce con un sei a tre, a favore degli iberici. Con tanto di ragazzini che sfottono alla balaustra, dopo il sesto gol della Roja.
In una strana, complessa e probabilmente convoluta riflessione, quella è una vittoria.

Giocare contro i migliori, aiuta a diventare i migliori. Perché il core business dell’agonismo, è vincere. Non costruire un centro d’ascolto e terapia per frustrazioni emotive. Non è l’arricchimento della discussione filosofica, non è trattare i fondamenti della retorica. Consiste nel buttare in porta più palloni degli avversari.

Sebbene giocare contro le Isole Samoa, I’Andorra o Malta, possa aiutare a migliorare il proprio résumé, non consente alcuna crescita. Le sconfitte, permettono di interrogarsi. Perdere dai migliori, è funzionale a stabilire un traguardo da sorpassare.

In un ambiente, pervaso di autoreferenzialità, nel quale sono tutti alternativamente: bellissimi e fortissimi, difficile crescere quando sembra non essercene mai bisogno. C’è sempre una colpa, una responsabilità superiore. Che sia la tanto citata sfortuna, oppure è colpa degli stranieri o degli alieni, raramente la critica è prevista.

In Italia si gioca il campionato più bello del mondo. Il futsal è veloce, fisico e in questo “best sport on earth” giocano e dominano i quarantenni. In uno sport leggermente più noto e diffuso, i quarantenni, nelle partite che contano, stanno in panchina. Chiedete a Pioli e Ibrahimovic.

Usciamo dai confini nazionali ed è il Tyumen a prenderci a pallonate. Ci cucinano un biscotto russo. Poi certo la guerra ripristina un po’ di giustizia, ma non è che possiamo affidarci ai conflitti e alla morte d’innocenti, per salvare un risultato sportivo.

Ieri notte, ho passato un’ora e quarantanove minuti a guardare un Portogallo – Spagna, di under. Si però, di under diciassette. Se non ricordo male, noi nemmeno l’abbiamo. Quando ci si interroga sulla distanza sportiva che separa gli azzurri dal tetto d’Europa, quell’incontro può rappresentare un manifesto. Il gap non è solo tecnico, è generazionale, organizzativo.

Badate bene, tutti i movimenti sportivi, vivono i medesimi periodi di crisi, condividono difficoltà sportive ed economiche, simili. La differenza consiste negli strumenti utilizzati per superarli. Nel evolversi da una situazione che ha chiaramente generato la crisi.

Si può fare, perché lo fanno altri. I Case Study, esistono per una ragione. Essere appunto, studiati. Una disciplina che cerca d’assegnare un premio a tutti, una coppa per ogni categoria, un campione di qualcosa, non premia alcun merito. Non stabilisce alcuna priorità gerarchica, che non sia quella economica e anche lì, di giocatori strapagati in serie minori di futsal, ce ne sono.

Sotto quindi con la prossima amichevole, magari con il Portogallo? Tanto per misurarci senza doverci preoccupare di realizzare una goleada. Per affrontare una sfida, piuttosto che una partitella post allenamento regolamentata ufficialmente.

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