Lo sport, in particolare il calcio è alla ricerca disperata di nuove forme per veicolare il suo messaggio. I suoi prodotti. Cercando di mantenersi profondamente analogico, nelle sue regole, nelle sue forme di comunicazione, è stato colpito negli ultimi anni da una considerevole perdita di pubblico.
Situazione, aggravata dall’incapacità di raggiungere nuovi appassionati. Di perforare fasce anagrafiche più giovani. Uno sport, il calcio, affetto da un invecchiamento e abbruttimento emotivo, del pubblico fidelizzato.
Molti dirigenti hanno pensato di poter ancora una volta superare, indenni una rivoluzione tecnologica. In una definizione anglosassone: “Too Big to Fail”, il calcio ha pensato di poter sopravvivere. Semplicemente ignorandole le ondate, abbattutesi sulla fruizione di contenuti.
La prima onda, quella degli NFT. Le blockchain e quindi le cryptovalute. Uno tsunami che ha rischiato di travolgerli. Letteralmente. Le società sportive, si sono trovate impreparate. Perché sprovvisti di figure professionali. In condizione di aiutarli ad orientare le scelte finanziarie.
La rincorsa a questa nuova forma di finanziamento diffuso, al momento scarsamente regolata, è iniziata molto di recente. Quando è stato palese che le cryptovalute offrissero condizioni meno restrittive. nel manovrare capitali, eseguire transazioni.
L’altra ondata coincide con l’aggancio alle blockchain dei Token Non Fungibili (NFT). Le società sportive, le aziende che operano sul mercato, perfino gli agenti dei giocatori, ancora una volta, da questa parte dell’oceano, sono partiti alla rincorsa.
Puma, l’azienda di abbigliamento sportivo, è stata la più lesta ad adattarsi. Azienda tedesca, di proprietà francese, è stata capace d’intuire la possibilità di legare il suo brand non solo gli NFT ma anche al così detto “metaverso”. La realtà virtuale, insomma. Così per usare un vetusto termine del secolo scorso.
In Italia, Oliver Giroud e Laura Giuliani, in forza al Milan su diverse sponde cromosomiche, sono i primi testimonial, dell’abbigliamento virtuale della Puma.
Probabilmente se vi chiedete chi compra un capo d’abbigliamento virtuale, siete gli stessi che qualche anno fa esclamavano: “non mi farò mai facebook” e ora siete quelli di “buongiornissimo kaffè”. Potete smettere di leggere, qui.
La Metaverse Fashion Week, promossa da Vogue, si è da poco conclusa. Segno chiaro dei tempi che passano e di un cambiamento nei costumi così repentino da disorientare molti.
Lo sport è veicolo di tendenze, naturale volano per generare utili.
Vendere un capo d’abbigliamento digitale, una figurina digitale, una azione di gioco. Unica perché c’è un certificato che ne sancisce l’autenticità. Impossibile da contraffare. Creare un universo alternativo a quello reale, ma fruibile nello stesso identico modo.
Viviamo in una epoca di grandi possibilità, inaspettate. Siamo sulla soglia di una nuova frontiera che già si mostra sconfinata. Alcuni invece, come nel futsal, restano aggrappati al loro passato, perché quello, si, li fa sentire ancora al sicuro.