È colpa tua, Nicola

Non mi sono sentito così consumato dentro, mai come oggi. La piccolina, con hijab, che corre a riprendere il pallone, per prima ad ogni gol subito. Un metro e, niente, un metro. Con quegli occhi neri, profondi come il buio e alla fine lucidi, che mi ci sono trovato dentro riflesso io.

Non c’entrava niente, niente. Sei piccola con le gambe veloci, pur sempre piccola.
Disperata, lo sguardo perso di qualcuno che è dispiaciuto perché il suo meglio non è bastato. Quel senso d’ineluttabile perdita, vibra forte e se non lo senti, allora sei morto.

È colpa tua Nicola. Sei responsabile. Dove sei quando servi davvero? L’altra, il portiere, piccolo, all’anagrafe, alla sbarra e pure al metro. Singhiozzava, forte. Con le frasi tutte appiccicate, che non hanno senso se le metti vicine. Se le bagni con le lacrime allora, allora ti ricordi dei gol subiti.
Disperata per aver deluso, qualcuno o qualcosa, oppure le due cose insieme.

Tu dimmi come fai. Dimmelo. Ti metti a piangere con loro, m’hai confessato. Io che le lacrime le ho finite, come faccio? Come faccio a raccontarla una storia così. Come faccio a dirle che quel tabellino conta, ma non per lei. Che la vita è fatta di queste sconfitte e anche se ti prendi le colpe, non diventano vittorie.

Ho chiesto scusa, io a lei. Per la foto, quella degli occhi. Che mi sembrava d’aver rubato un pezzo della sua vita, per incollarci male, sopra una etichetta. Di non aver avuto abbastanza rispetto, delicatezza e poi anche qualcos’altro che ho sicuramente dimenticato.

Perché Nicola, come fai a non affogare, in mezzo a queste donnine in lacrime. Non lo so davvero, come c’entra tutto quel cuore in corpi così minuti. Ti guardano e scrollano la testa, non te lo lasciano portare il loro peso, quello che si caricano sulle spalle.

Le puoi solo accompagnare, con discrezione.

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