Il Resto del Carlino, riporta sulle sue pagine qualcosa che sembra più di una semplice indiscrezione. Il “cavaliere bianco” che da settimane veniva indicato nell’ambiente della pallacanestro, come l’uomo in gradi di salvare dall’oblio il basket a Pesaro è: Lorenzo Pizza.
Due, degli spazi digitali che s’occupano di futsal italiano, riportano la notizia.
Uno, si limita al copia e incolla del testo dell’articolo del quotidiano. Il secondo azzarda un commento intrecciando la vicenda alla draconiana “Riforma Bergamini”.
Com’è che si lega il basket al futsal. In realtà il legame è più stretto di quello apparente. Ci sono più comunanze che dissonanze, tra le due discipline. Mi vorrei soffermare però sulle motivazioni che avrebbero indotto un imprenditore di successo come Pizza a rivolgere la sua passione sportiva altrove.
Provando ad analizzare gli elementi di questa vicenda. Senza dimenticare che tutto questo è già, accaduto. Il futsal è sopravvissuto senza Marca, Luparense, Montesilvano Campione d’Europa, Pescara. Sopravvivrà alla scomparsa del Pesaro. Molte delle squadre che ho citato hanno una vita breve ma molto intensa. “La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo”, la citazione è per cinefili.
Una riflessione sulla vicenda è necessaria, per farla non posso che partire da alcuni virgolettati, riportando stralci dell’articolo, anzi degli articoli, come vedremo più avanti. Partiamo dal primo elemento, di commento.
“La pallacanestro gli darebbe la notorietà che si merita e la riconoscenza da parte dei fans per il grande impegno, anche economico, disposto ad investire nella sua passione.”
Quella passione è il basket non il calcio a cinque. Una virgolettato questo, che indica la reale percezione di questa disciplina all’esterno della sua bolla social.
Il confronto con la realtà è spesso impietosa, perché i numeri non mentono mai. Certo qualcuno può provare a mischiare pere con asteroidi per confondere le acque. Una pratica che ha però, scarso successo.
Il Resto del Carlino, proprio oggi, mentre vi scrivo ha raggiunto il “Cavaliere Bianco”. Si, lui, Lorenzo Pizza. Le sue parole, le sue impressioni, quelle d’un imprenditore che ha versato cifre molto consistenti per sostenere ai vertici il suo progetto sportivo.
“…dopo l’iniziale effetto-novità ho dovuto prendere atto che questa disciplina, che a me piace tantissimo, non sfonda. L’anno dopo il primo scudetto abbiamo fatto meno abbonamenti della stagione precedente. Mentre constato che nel basket i tifosi non mollano mai, nemmeno dopo dieci anni di lotta per la retrocessione, sconfitte, magoni, arrabbiature. E’ un feeling più profondo…”
Sono parole, un virgolettato, del “patron” dell’Italservice Pesaro. Lo stesso che qualche mese or sono annunciava di voler costruire sui terreni adiacenti alla sua azienda, un nuovo palazzetto per il futsal.
“Questa disciplina non sfonda…”
“Abbiamo fatto meno abbonamenti della stagione precedente…”
Quanti imprenditori di successo sono passati negli anni dal futsal per poi virare altrove, tanti vero? Ad ogni nuovo arrivo, nuovo appassionato, folgorato dalla bellezza di questa disciplina. si ripete la stessa dinamica.
Il desiderio d’innovare, l’indotto, il merchandise, il pubblico sugli spalti. Esattamente gli stessi elementi, citati da altri, prima di loro. Qualcuno con più risorse economiche, di altri. Hanno indistintamente fallito, tutti, nel proposito di elevare il futsal dal suo status di “calcetto a cinque”.
In uno stagno piccolo è facile diventare rilevanti. Le comunità hanno dimensioni ridotte, sono anche molto reattive. A livello sportivo in tre anni nel femminile si può passare dalla regionale allo scudetto, semplicemente spendendo soldi. Si può rilevare facilmente un club di A2 nel maschile e nel giro di due anni, essere ai vertici del movimento.
Una gloria effimera, anche discretamente a buon mercato se si pensa agli impegni finanziari necessari in altre discipline. Alimentata da quella fallace percezione d’un pubblico, lì fuori che non aspetta che d’affollare gli spalti dei palazzetti.
Palazzetti pieni. Succedeva, accadrà ancora. In talune circostanze che per la loro unicità, ricorderemo con più facilità, confondendole con la normalità. Scordandoci presto di quella quotidianità fatta di una rilevanza mediatica che viene acquistata, non guadagnata. Degli spalti vuoti, punteggiati da addetti ai lavori.
Cosa resta, a questi presidenti, investitori e appassionati, a parte le coppe rigorosamente di plastica che potrebbero comprarsi anche da soli, in un negozio specializzato? Non l’adorazione della gente, non il ricordo di una tradizione sportiva. A loro resta, il nulla.
Prendere coscienza, di quello che si è. Cercare di diventare altro. Invece d’illudersi che il pantano di gite fuori porta a pane e frittata, con I parenti sugli spalti, siano elementi costitutivi di un prodotto di successo. Basta pensare che sia sufficiente una comparsata su qualche circuito satellitare a dare lustro alla disciplina.
Che il logo di un noto canale tematico vi faccia passare dall’essere sponsorizzati dal locale dell’amico, dal salumiere o dal bar all’angolo, al grande brand. Per passare dal salumiere al produttore di salumi, Pizza ha dovuto cambiare sport.
Interessato a fare anche lo sponsor?
“No, anche perché la mia azienda non vende al dettaglio. Spero rimarrà Carpegna Prosciutto, anzi non vedo l’ora di conoscere la famiglia Beretta”.
Eppure nel futsal è stato lui anche il main sponsor di se stesso, il naming sponsor. In queste righe, poche, potete leggere la dichiarazione di un imprenditore di successo.
Lorenzo Pizza, si disimpegna dal futsal. Ridimensiona, sono parole sue. La lunga intervista sul Resto del Carlino, che vi consiglio di recuperare, è uno spaccato impietoso sullo stato del futsal italiano. Inibito per le sue dichiarazioni circa la “Riforma Bergamini”, dalla carica di presidente fino al 15 maggio, Lorenzo Pizza traghetta il know how accumulato in questi altri anni, altrove.
Il futsal italiano, si sta specializzando in ripartenze. Non in partenze in contropiede, proprio nel ripartire. Dai roboanti giorni di Batman, ai viaggi di Armostrong fino a giungere ai campi in terra rossa segnati con le linee per il tennis. Manca solo la diaspora verso il padel.
Vi lascio così, con questo virgolettato: “Nel futsal più di così non posso fare: ho vinto, ho portato qui dei campioni del mondo eppure la risposta del pubblico non arriva. Non c’è niente da fare: Pesaro è la città del basket.”