S’è acceso una sorta di dibattito, negli ultimi giorni intorno ai numeri sui quali il presidente Bergamini ha promulgato il suo editto. Tre le slide, comparse sui profili social della Divisione Calcio a 5.
Alcuni contestano la verosimiglianza di questi dati. Probabilmente insospettiti da questa insolita quota netta. In statistica difficilmente capita che un rilevamento offra come risultato un numero esatto.
Difficile che si possa avere 80 per cento di una popolazione, più facile che un reale studio statistico riporti numeri come un 79,6 o un 80,5. Assumiamo però che, per una non necessaria volontà di semplificare, si sia scelto di arrotondare.
Una naturale curiosità indurrebbe, anche un lettore disattento a chiedersi: questo studio, chi l’ha portato a termine, a chi è stato commissionato? Quali sono gli strumenti di rilevamento? La raccolta di quei dati, complessa per sua natura potrebbe anche essere utile, nei suoi dettagli peculiari.
Quanti minuti è stato impiegato Tizio esattamente, quanto Caio e così via. Quante volte è comparso in panchina il dirigente cinquantenne? Quante volte le squadre hanno ascritto 3 portieri, in distinta? Per poter comprendere anche le specificità di un sistema che è soggetto a quelle che genericamente definiamo “scelte tecniche”.
C’è una slide che però collega elementi che non hanno nessuna attinenza o comunanza. In quella slide si riporta il numero di squadre della serie a maschile che non sono più attive, nonostante abbiano vinto il titolo italiano.
È un confrontare mele con carburatori, paragonare alberi e balene solo perché entrambi sono organismi a base di carbonio. Quale attinenza dovrebbe esserci, tra il ritiro dall’attività agonistica di una squadra e la presenza di “formati” e “non formati”.
La Luparense, esiste. Milita nella serie D, di calcio a 11. Il patron del Rieti calcio a 5, ora ha una squadra di basket. Il deus ex machina del Pescara, quello senza numero civico, ha sempre mostrato più interesse per il calcio che per il futsal.
Altri hanno rivolto semplicemente la loro attenzione, altrove. Qualcuno avrà deciso di comprarsi finalmente una Ferrari 812 Superfast con quei soldi. Oppure ne ha comprate tre, quelle almeno restano in garage e non arrugginiscono come certe coppe.
Si continua a guardare il dito, il problema nell’immanenza del momento. Senza un vero progetto. Lo sport, in tutte le sue declinazioni è profondamente cambiato dall’epoca pioneristica. Un sistema verticale non è in grado di sostenersi.
Ai presidenti, importa vincere, subito. Quei soldi investiti, sono un loro asset, vogliono decidere come spenderli. Le federazioni convinte che il loro compito sia semplicemente quello di regolamentare, come degli investitori debbano spendere i proprio soldi, sono destinate a fallire.
Il vertice di un movimento e la sua base, non possono condividere le stesse regole. Il costo di questa scelta anacronistica è la sua competitività. Chiedete alla Lega di Serie A quant’è la distanza che li separa dalla Premier League. Chiedete ai presidenti, di qualsiasi sport, quanto gli importa davvero della nazionale.