Caffè Corretto – Destini Incrociati

Lunedì con poche ore di sonno. Di quelli che la mattina inizia con la colazione alle 10.48. Dopo un Superbowl, vissuto da spettatore “televisivo”, che finisce alle quattro del mattino, in Italia. Deciso all’ultima giocata.

Domenica trascorsa nel castello dei destini incrociati. In mezzo a storie, che si possono leggere anche attraverso i tarocchi e se proprio non li hai, puoi usare le distinte di gioco. A cercare di comprendere il senso di una sfida sportiva combattuta con meno armi degli avversari, alla mercè di una rotazione.

“Un primo tempo che vi dà fiducia”. Lo ripeto spesso, il problema molte volte non sono le risposte ma le domande. In cosa mi chiedo dovrebbe avere fiducia una squadra all’ultimo posto in classifica, con quasi cento gol al passivo. In venti minuti di gioco? Dopo una metà stagione passata da fanalino di coda.

In questo momento, nella Serie A di calcio, si parla già di ultima spiaggia, di squadre condannate anche se non lo fa l’aritmetica. Tifoserie in rivolta, contestazioni, animi tesi ma sempre spalti pieni, anche con le restrizioni della pandemia.

Nel futsal, la sconfitta è un tabu, la narrativa è improntata intorno ad una stucchevole mancanza di realismo, d’aderenza alla realtà. Volontaria, alimentata. Nessuno sembra essere in competizione, eppure alla fine, lo scudetto lo vince una sola squadra. Racconto funzionale a mantenere gli spalti semideserti e si ha anche l’ardire, di domandarsi il perché.

Non c’è bisogno più di chiedersi, come mai non ci siano tifosi nel calcio a 5. Un appassionato di futsal è prima di tutto, un tifoso di calcio. Da anni abituato a seguire un racconto sportivo che segue un canovaccio costruito anche intorno alle controversie.

Se la capolista pareggia in casa, la narrazione calcistica racconterà di: una prima della classe, fermata tra le mura amiche. Nel futsal magicamente quel risultato diventa: un punto guadagnato. Perché dovrei essere interessato a questa storia, piatta.

Anche Alice nel Paese delle Meraviglie sembra aver affrontato più difficoltà di una squadra di futsal della massima divisione.  Difficile mantenere l’attenzione di uno spettatore, perché giova ricordarlo ancora. Non ci sono tifosi nel futsal ma spettatori, facili alla distrazione.

La battaglia per l’attenzione dello spettatore, per la sua conversione in tifoso, è la medesima che s’affronta tentando lanciare una nuova crema per il viso o l’ennesima edizione dello stesso smartphone.

Non è una questione di giornalismo ma di marketing. Servono “copy”, bravi. Servono idee, che non siano già state sciacquate in Arno da Dante. Insomma qualcosa, d’originale.
Non mi resta che confidare, almeno nel corto periodo, sulla “questione oriundi”. Capace sicuramente d’animare la conversazione interna al futsal.

Non tracimerà certo al di fuori di questa ristretta bolla, tuttavia è una vera manna per chi intende creare dei contenuti originali. L’argomento genera opinioni controverse, i portatori di verità, di ricette che nemmeno la compianta Suor Germana, s’attiveranno sui social. Pardon, SUL social, perché in Italia il futsal esiste solo su Facebook, pardon Meta.

Nel mentre, Caressa sbarca su TikTok, la BoboTV diventa il megafono del Mullah Adani e lo spettacolo del Superbowl ci racconta come si trasformerà la narrazione sportiva. Il futsal, best sport on earth, fa ancora le dirette con le finestre come sfondo.

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