Com’è che i giovani, diventano una risorsa, solo quando rappresenta anche una necessità. Perché non lo sono sempre. Maledettamente sempre. Perché c’importa solo del presente e abbiamo così paura che il futuro ci renda inutili.
Due minuti. Due minuti di futuro. Da giocatori veri, da grandi giocatori. Una finestra aperta su uno dei mille futuri possibili, come potreste leggere in un libro di William Gibson. Piuttosto che aprirla su un panorama con i colori di un canale televisivo morto.
Tamara, Gaby, Luiza, Greta, Arianna, Martina.
Tengono palla, per due minuti, giocano con il cronometro e contro l’avversario. Come fanno le grandi squadre. A guidarli in campo c’è il loro condottiero, un po’ mamma, un po’ maestro, un po’ capo: Jessica e il suo secondo, Thalita.
“Dobbiamo trattare i giovani atleti, per quello che sono. Non per quello che vorremmo diventassero”. Con queste parole, in un bellissimo docu-film sul college football, un famoso allenatore analizzava la principale motivazione che determina il fallimento dei talenti di prospettiva.
Il gol di Greta Ghilardi, quello che fissa il risultato sul due a uno (2-1) finale, è solo un fermo immagine. Nulla di più che lo scopo del gioco. Sono una carta che andrà a comporre, il mazzo dei suoi passati.
Quello che resta, oltre il punteggio che possiamo dirlo, importa a pochi, è quel momento di gioia. Condivisa, davvero. Se prestate attenzione, a quello che accade dopo il gol, non c’è un solo istante di circostanza. Osservate bene. È un misto d’incredulità, felicità e gratitudine.
Li avete visti anche voi, a decine, di quegli abbracci di circostanza, di quelle pacche sulla schiena ma con il viso girato dall’altra parte. Riguardatele ancora, non c’è nessuna traccia di questo.
il successo di una è quello di tutte. Fosse anche solo per necessità, quella di sentirsi meno sole. È una confessione, di quelle dolorose per gli agonisti: “Ho bisogno di te”. Quell’espressione da sola trasforma il successivo rimprovero della compagna, in una esortazione.
Tutto questo non cambia l’ineluttabile destino, d’una stagione che riserverà ancora per loro, il gusto amaro della sconfitta. Le ragazze con indosso la casacca nera e bianca, non devo aggrapparsi a questa vittoria. Ci si aggrappa alle scialuppe di salvataggio.
Questa è una finestra, aperta e chiusa subito, su quello che sarà possibile e che solo loro possono rendere probabile. Immagino di prendere un pennarello, come davanti a quella finestra che dava su piazzale delle province a Roma e scrivere sul muro.
Per Jessica: “è come dice qui? Ci condurrai alla terra promessa?. Si, ma voi saprete seguirmi?”