Greta

Capita d’incrociare molte partite nella Serie A femminile di futsal, dal risultato finale, scontato come un complimento in una diretta di futsal femminile, su Sky Sport. Vado ugualmente ad accomodarmi il più vicino possibile alla linea laterale.

Potrebbe capitare d’incappare in una storia che sia anche, di futsal. Spero di riuscire ad osservare dal vivo giocare Luiza (Bortolini), un po’ perché sono curioso e un po’ perché devo ricostruirla digitalmente per il prossimo torneo, della Volta League.

Al settimo del primo tempo, la squadra ospite si vede espellere proprio lei, Luiza. Rigore, gol. Penso: “partita finita”. In fondo è così, ma non troppo. Una rotazione in meno per le avversarie del Pescara, che certo non sono venute qui a cercare i punti salvezza.

C’è questa ragazzina spilungona, con il numero tre sulla maglia della squadra di San Donato Milanese. Costretta dalle circostanze a giocare tantissimo. Cerco la distinta. Classe 2003. Non ricordo nemmeno cosa facessi esattamente nel 2003, qualcosa che credo implicasse viaggi, Brugal e Cola, donne di cui non ricordo esattamente i nomi e una serie interminabili di estati, tutte appiccicate.

Greta Ghilardi.
Un nome che mi fa pensare alle tazzine da caffè, quelle tutte ricamate che quando ci inciampi con la mano hanno un suono simile ad un rimprovero. Greta è un nome da attrice hollywoodiana degli anni cinquanta. Di quei film in cui c’è un solo bacio tra i protagonisti, dopo due ore di proiezione.

Si piazza davanti ad Amparo. S’incolla al numero sette del Pescara. La spagnola non sarà all’apice della sua carriera, non è più la giocatrice che spaccava la fascia della nazionale spagnola, resta ancora un giocatore di classe superiore. Greta, solo una stagione fa, giocava al massimo nella competizione per under diciannove. Non proprio la più probante delle competizioni. Al suo secondo anno di futsal, si piazza lì.

Fa davvero sul serio Greta? Di tutti i compiti che potevano toccargli in campo, ha accettato uno dei più complicati. Si batte, vince i contrasti, tiene sulla corsa, quando si ritrova saltata da un dribbling non molla la presa. Mi chiedo: “ha idea di quello che sta facendo?”.

Se nessuno ti dice che non lo puoi fare, tu provi a farlo. Penso a Nirmal Purja, lo scalatore nepalese che ha raggiunto la vetta di tutti gli ottomila, in una sola stagione d’arrampicate.
Chiamò il suo progetto “Impossible”, perché se ti dicono che è impossibile ma tu hai abbastanza talento, a te non si applicano le norme convenzionali.

C’è Jessica (Naiara) in piedi di fianco a me, le chiedo, indicando la numero tre in maglia nera: “Lo sa cosa sta facendo?”. Mi risponde candidamente con il suo sorriso sospeso a metà tra la felicità e la malinconia: “no ma non è meraviglioso?”.
Lo è. Perché le ragazze in campo si battono, senza risparmiarsi, senza lasciare andare un solo contrasto.

Né ho viste qui, d’imbarcate clamorose. Di risultati così netti che negli Stati Uniti, avrebbero spenso il tabellone per non urtare la sensibilità degli sconfitti. In qualche modo però, questa partita è diversa. Al gol della squadra di San Donato, penso che sia anche giusto così. Finiranno poi sconfitte, ma su queste, puoi costruire. Non hai macerie in campo, ma piuttosto fondamenta ancora traballanti.

Greta subisce un tunnel da Eva (Ortega) che è in fondo una soluzione di gioco, vero? Continua però a battersi e ad affondare ogni contrasto. Si getta in scivolata, incurante dei lividi che potrebbe ritrovarsi sulle gambe.

Al netto delle cadute in motorino, delle serate a colpi di spritz, della vita. Delle estati in spiaggia, delle vacanze a Ibiza, degli erasmus, degli amori e degli studi. Ieri Greta ha mostrato che esiste, raro, il talento. Il giocatore in piedi sui gradoni del Pala Roma, al termine della sua partita di Under 19 e quella in campo oggi, hanno in comune, la carta d’identità.

Non m’inganno, la sua occasione è anche figlia di condizioni particolari, d’una scommessa, d’ingegno generato dalla necessità. Ma come m’ha detto in una occasione il Montalbano argentino: “se a diciannove anni, non sei in prima squadra in serie a, non sei un giocatore”. Aggiungeva anche qualcosa circa la necessità di allevare talento quando non puoi comprarlo.

Curioso, ho solo una vaga idea, remota del suono della voce di Greta. Non ho idea nemmeno se ieri s’è accorta della sua prestazione in campo. Mi lascia però un ricordo, di quelli che posso portare con me per il resto della stagione.

Se non ti dicono che non puoi farlo, finisci con il farlo.
Keep doing it, girl.

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