Leggere, senza comprendere

Qualche anno fa, a Cambridge quella vicina a Boston, non quella sul fiume Can, s’è concluso un lungo studio di ricerca.
Obiettivo dell’indagine era valutare la capacità di un campione rappresentativo della popolazione statunitense, di comprendere un testo complesso, partendo dal presupposto che tutti conoscessero il significato delle parole utilizzate.

Non un solo candidato dello studio, veniva accettato se non in possesso della comprensione di ogni lemma che sarebbe stato poi oggetto di valutazione. In quella che gli anglosassoni chiamano “reading and comprehension”.
Il testo sottoposto era però una pubblicazione scientifica di fisica quantistica.

Ovviamente per loro, era impossibile comprendere quel testo. A fronte di una conoscenza basilare della lingua.
L’apice di un analfabetismo funzionale, molto più sottile di quello che quotidianamente, possiamo incontrare. Semplicemente collegandoci ad un qualsiasi social network. Alcuni di questi restano un ricettacolo preferenziale, per alcune tipologie di utenti.

Che c’entra tutto questo con il futsal?
Molto. M’è tornato alla mente d’aver letto di questo studio, quando stamattina mi sono ritrovato sullo schermo dello smartphone, uno screenshoot.

Si tratta d’un semplice sondaggio per i lettori di una pagina che s’occupa di calcio a cinque. Nulla di particolarmente rivoluzionario. Ai lettori però viene chiesto di partecipare al sondaggio, utilizzando solo le emoticon.
Al momento dello screen, c’erano sul post circa 1500 emotes.

Guardate di nuovo il post, in fondo. Cinquecento persone, hanno commentato. Un terzo dei lettori, in qualche forma non ha compreso, ha ignorato, il testo in calce. Scritto in italiano, utilizzando parole d’uso comune. Un po’ come se qualcuno vi dicesse di giocare a calcio, senza utilizzare le mani. Voi però ve ne fregate, non capite o non v’importa e finite con il giocare a pallamano.

Tecnicamente, per l’algoritmo di Facebook, un commento ha più influenza di una emote. Perché è composto da due elementi di reazione attiva al contenuto sottoposto all’utente. Quindi i gestori della pagina, sono ugualmente felici. Anzi dovrebbero esserlo di più. Loro sono i veri vincitori di un rilevamento che non ha nulla di statistico se non le “stats” del post.


Allarmante però è la superficialità con la quale ci si approccia alla parola scritta, in un momento storico nel quale è data a tutti, la possibilità di pubblicare qualcosa. Forse è proprio questa facilità d’accesso che ne ha svilito la sacralità e l’importanza. Anche della lettura.

La ripetizione, spesso ossessiva, con la quale lo stesso contenuto viene riproposto da più parti, contribuisce a questa vacuità. Invece le parole, quelle scritte soprattutto, hanno la capacità di tornare a darvi la caccia. Dovrete rendere conto di quello che avete scritto e delle motivazioni che vi hanno spinto a farlo.

Si, perfino sui social. Il media non ci assolve dalla lettura attenta, dalla comprensione e dal pensiero critico. Anche se si parla di sport, di uno di nicchia. Al quale con buona pace di tutti ha un appeal inferiore al cricket. Il motto di Roger Ailes era “il pubblico non vuole essere informato ma sentirsi informato”. Oggi ci troviamo in una condizione come questa perché abbiamo fatto appello ai sentimenti e non alla ragione.

Riempiamo gli spazi di comunicazione di “sentiment”. Che sia il caro estinto famoso, del quale abbiamo scoperto l’esistenza dieci minuti prima. Oggi è scomparso ad 88 anni Gento, stella del Real Madrid di Santiago Bernabeu. Via a parlare di Paco, anche se a smesso di giocare nel 1971.

Cerchiamo di ispirare buoni sentimenti per assolverci da quando c’indigniamo per qualcosa che sfugge però alla nostra cognizione profonda.
Quando scrivete di qualcosa, anche solo nella vostra piccola bolla social, chiedetevi davvero: “quanto ne so”.
 

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