Domenica, cinque dicembre.
Tempo di UEFA Champions League, Elite Round. Tempo anche di Futsal European Women’s Championship.
Avrebbero dovuto scegliere un nome per questo torneo più facile da ricordare, più semplice da trascrivere. Champions Invitational. Al volo, così, dopo 4 secondi di riflessione. Facile da ricordare, spiega di cosa tratta l’avvenimento e la sua natura.
Nelle due precedenti edizioni questo torneo ad inviti aveva un nome diverso, European Women’s Futsal Tournament. Si disputerà anche quest’anno, sarà presente la Kick Off. In tre di quelle edizioni a vincere è stata sempre la squadra di casa. Il Futsi, nella prima edizione spagnola, successo poi bissato in Olanda. A succedergli fu il Roldan, ancora in una edizione organizzata nella penisola iberica.
In due di quelle tre edizioni, in finale c’era una italiana. L’allora Montesilvano, nella prima. La Kick Off nella seconda. In entrambe le edizioni il Benfica fini la sua corsa in “semifinale”. In una sbrigativa e coincisa disamina di questi fatti, potremmo asserire, che a livello di club femminili, possiamo giocarcela con le lusitane, non con le spagnole.
Quest’ultima manifestazione, offre però non tanto la possibilità di comparare, le capacità tecniche dei club, quanto l’appeal del prodotto, eseguendo un rapido raffronto con quello maschile. Inoltre è possibile esaminare le differenze tra gli approcci attitudinali all’evento sportivo. Non nelle peculiarità di genere ma in quelle di comunicazione sportiva.
Ad alcune latitudini, c’è un approccio al problema sportivo che spesso si risolve nella ricerca di un alibi. Alibi è una parola che esiste e si scrive esattamente allo stesso modo sia in inglese che in italiano. Sapete quale lemma abbiamo importato invece dall’inglese perché in italiano non esiste? Problem solver. Risolutore di problemi, suona orribile la traduzione. Ci siamo tenuti così quel termine.
In molte discipline è diffusa questa pratica. Alibi come risposta ai problemi.
Le assenze, l’arbitraggio, il campo troppo piccolo o troppo grande, la qualità dell’avversario, l’orario della partita, la trasferta lunga, il cibo, la sistemazione alberghiera. Breve e non esaustivo elenco di alibi sportivi. Tutti perfettamente legittimi, peccato che non risolvano alcun problema.
Questa abitudine a considerare vittorie anche le sconfitte. Non affrontiamo i problemi per risolverli ma per trovare una scusa. Una giustificazione. Tutto questo non ci rende migliori, ci rende inutili. Affrontare una questione che ci danneggia è doloroso, mentalmente e fisicamente, non è un processo che può essere edulcorato.
Se subisci sei gol, in una sconfitta, il tuo meglio non è bastato. Aver dato il tuo meglio, non ti assolve, non è un alibi. Dovresti essere dispiaciuto, perché hai perso, perché non è stato sufficiente il tuo massimo impegno. Altrimenti non c’è differenza, tra la vittoria e la sconfitta, allora perché competere, perché portare traccia del punteggio?
Quei sei gol, sono la cifra della differenza, tra dove ti trovi ora e dove devi arrivare. Un dato certo, incontrovertibile, senza alibi, scappatoie. Soprattutto senza onanismo emozionale. È un numero, da affrontare.
Come quello degli spettatori, delle views, della risposta di pubblico sugli spalti quanto da casa.
A guardare Tyumen – Kairat, partita decisiva per il passaggio nella Final Four, della UEFA Champions League, c’erano 7863 persone, a guardare Normanochka – Burela, 638. Avvicinare questi due valori, è compito di chi promuove il movimento femminile. Non basta coniare e promuovere uno slogan. Alla base ci deve essere una sostenibilità economica, anche solo minima.
In termini assoluti, una partita della Champions Maschile, riesce a catalizzare online, un buon numero di spettatori. Ad un costo molto più alto di Amouranth che balla in bikini in una piscinetta gonfiabile nel suo salotto. Non possiamo Ignorare che esistano non solo i costi di produzione, ma anche quelli particolari necessari a mettere sul campo uno spettacolo di alto livello.
Una partita di futsal, di Champions League, ha un costo rilevante, anche prendendo in considerazione la sola retribuzione degli atleti. Deve generare dei profitti, altrimenti gli sponsor davvero interessati a promuovere il marchio e non ad evadere il fisco, andranno dove il loro prodotto è più esposto. Finirebbero con lo sponsorizzare le corse delle biglie colorate che fanno numeri assurdi. Rendendo quelli della serie a maschile di futsal, assolutamente trascurabili.
Provate, per una volta, a trovare una risposta al quesito: “perché le corse delle biglie fanno 100k e gli highlights della serie a di futsal ne fanno 7 di kappa?”. La risposta però, non può essere una scusa.