Esiste, diffusissima, l’idea che per vincere è sufficiente fare le cose fatte bene. Esibire la migliore prestazione possibile.
Come se non ci si dovesse confrontare con gli avversari. Come se quello che s’affronta non è un campionato, non c’è una classifica, un tabellone segnapunti.
Quante volte avete letto: “dobbiamo badare alla nostra prestazione”, “per vincere basta un sorriso”, “dobbiamo seguire il nostro metodo”, “affidarci al sistema di gioco”. Potrei andare avanti per ore, provando a mettere ordine del coacervo di parole inutili, distillate nelle interviste per non dire nulla.
Esiste un concetto, semplice, quanto essenziale. “Se tutte le squadre di un campionato, fanno le cose fatte bene: metodo, occhi della tigre, gioco di squadra, obiettivo. Comunque a fine stagione ci sarà una squadra che vince e una che retrocede.”
Il “maestro” Velasco, sue parole, mia la trascrizione approssimativa. Potete però ascoltare il video.
Non basta, spiega Velasco, giocare bene. È necessario giocare meglio degli altri. Bastano due palloni, per perdere la medaglia d’oro alle Olimpiadi o per vincere un mondiale. Non per il futsal italiano. In questo momento questi sono obiettivi fuori portata. È importante però assimilare questa fondamentale e naturale conseguenza, alla prestazione sportiva.
Spesso è il talento a fare la differenza. L’abilità particolare di eseguire una determinata azione cognitiva in maniera unica e irripetibile da altri, messi nella stessa identica condizione. Più semplicemente, quando stoppate il pallone a Tizio si ferma sul piede, a voi a due metri, quella è la cifra di differenza nel talento.
Inutile quindi riempirsi la bocca e la testa con la retorica del “se faccio le cose bene vinco”. Non basta, devi fare meglio. Del tuo avversario, del tuo competitor. In campo non esistono amici, sono avversari. Ai quali rubare qualcosa se necessario, un atteggiamento, un metodo di allenamento, una soluzione tattica. La chiave però resta nell’applicazione.
Devi fare meglio. Meglio.
Se vi siete impegnati, al massimo delle vostre possibilità, ma il tabellone indica un rotondo cinque a zero per i vostri avversari, non è bastato. Se imbarcate sul mini van per tornare a casa, anche i nove gol subiti, quello che avete gettato in campo non è abbastanza.
Il vostro meglio, non è sufficiente. Dovete trovare, se ne avete, ulteriori risorse da gettare in campo. La classifica, indica proprio quello. È la cifra costante delle differenze. Un mondo che v’avvolge con la retorica degli abbracci, dei sorrisi, delle sconfitte come vittorie, vi mente. Probabilmente perché non gl’importa davvero.