Anthea, senza guanti

Antea, ma con l’acca. Senza, il suo è il nome un personaggio della mitologia greca. Stenebea, regina di Tirinto. È una commedia perduta di Euripide, un intreccio di vite, imprese eroiche e tragiche morti. Chimere, pegasi, menzogne e gesta leggendarie.

Questa Anthea, ha il medesimo nome di ogni singolo personaggio che creo quando inizio a giocare ad un nuovo mmorpg. [Massive Multiplayer Online Game]. Sorrido al pensiero che ora conosco due Anthea, con l’acca. La prima correva sulla pista d’atletica. Ha giocato a football americano in una squadra che allenavo, ha talento per lo scrivere che usa poco.

Anthea, l’ho vista giocare al Pala Roma. Difendeva i pali della Under 19 del Falconara. Tutto è iniziato con un messaggio: “Se oggi vai al Pala Roma, mi dai una occhiata al portiere della under del Falconara?”. Per quello che ne capisco, poco e per i problemi di vista sono davvero seri, è un compito per me difficile da assolvere.

Non potete però, non notarla. Un ragazza di appena diciannove anni. Non è solo il suo modo di occupare lo spazio, non sono i suoi movimenti, non è la tecnica nelle parate. Se la guardate giocare, avete non avete mai l’impressione di guardare, una ragazzina.

Sembra il dipanarsi d’un video tutorial di YouTube, sul ruolo del portiere. Una Tiktok che spiega come difendere correttamente una palla calciata da lontano, che ti rimbalza davanti. Costruita per essere l’estremo difensore, di una squadra di calcio e ora di futsal.

Il suono della sua voce tradisce la sua età, il contenuto della conversazione invece è quello che di solito m’aspetto d’ascoltare da Giulia (Domenichetti) quando parliamo di calcio, di vita e d’altre cose.
Prova però, Anthea, a rifilarmi una dose di “calcese”. Le risposte che crede giuste, di quelle che per una qualche strana ragione sente di dovermi dire.

Passo al contrattacco. È il momento questo perché mi racconti di se. Attacco: “Sai conosco già una Anthea”. Cambia anche il suo ritmo nel respirare, colpita. Qualche secondo di silenzio e poi arriva la risposta. “Pensavo fosse un nome originale, non ne avevo mai sentito di un’altra Anthea”. Non starà vero mettendo in dubbio che Anthea (Santucci) esiste?

Le chiedo com’è aver il papà allenatore dei portieri, perché ho fatto i compiti a casa. Fa un secondo tentativo di darmi una risposta da giocatore. Capisce però in fretta che non le lascerò spazio, per fare quella giocata. S’arrende e parliamo di Inter, dei dopo partita con il suo papà, di quella volta che aveva quasi abbandonato.

Intelligente questa piccola donna. Alla sua prima esperienza lontano da casa, intenta a trovare i suoi ritmi, i suoi spazi lontano dal parquet. Possiede Anthea quella solidità mentale che v’aspettate di trovare in donne, in atlete molto più adulte di lei. Capace di essere severa con se stessa, come solo sanno fare, i grandi giocatori.

Riesce ad alternare questi momenti in cui è mentalmente una donna atleta di trent’anni a quelli in cui è una incasinatissima donna alla fine dei suoi “teen age”. Quel periodo nel quale il tuo tempo libero è un susseguirsi di “boh”. Com’è meraviglioso poter ancora scegliere qualsiasi sentiero della vita, letteralmente.

Può accadere ancora di tutto, nella sua vita. La laurea al San Raffaele, diventare una fashion blogger, scegliere l’hockey su prato. Il suo talento è solo suo, straordinariamente potente da tracimare intorno, da avvertirne perfino l’odore, capace di cambiare come la luce riflette i colori sul suo futuro. Resta però, il suo. Fanne pure l’uso che vuoi.

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