Il pianto è sempre libero

Il Main Round di UEFA Futsal Champions League, disputato a Rimini, porta con se scorie che finiranno con il condizionare anche il prossimo Elite Round. In un misto di casualità, geopolitica e poesia sportiva, i kazaki del Kairat incontreranno sicuramente i russi del Tyumen.

Li ricordate vero. I fini pasticceri russi, hanno prestato la loro opera nella realizzazione del biscotto ceco che doveva andare di traverso proprio alla squadra di Almaty. Non facciamoci ingannare, il più probabile intento di quel dolcetto, era provare a togliere di mezzo una squadra capace di arrivare da dieci anni, consecutivi, all’Elite Round.

La geografia delle potenze del futsal è profondamente diversa da quella del calcio. Il Kairat è una sorta di Real Madrid della disciplina. Molte squadre che ambiscono ad avere rilevanza sportiva continentale, contano meno partecipazioni alla manifestazione del numero di finali disputate dal club kazako.

Ho letto e ascoltato di possibili sviste arbitrali, qualcuno ha invocato anche il VAR. Nei recenti mondiali, all’Argentina che reclamava un rigore nel finale della Finale, non è servito a molto che a disposizione degli arbitri, ci fosse quella tecnologia.

Se si volesse indugiare nella dietrologia, nel pragmatismo andreottiano, l’unica squadra che poteva uscire danneggiata dalla confezione del biscotto made in Praga è proprio la corazzata del Kairat. Per lei, un solo risultato utile: la vittoria.

Quindicimila spettatori, un palazzetto moderno, stracolmo. La tradizione di un club, da anni costantemente ai vertici della disciplina. Una stabilità economica e sportiva che la pongono allo stesso livello di club tradizionali come lo Sporting Lisbona e il Barcellona.
Questo è il Kairat Almaty. Corazzata, vera.

“Il pianto è sempre libero”, commenterebbe un sornione Higuita, a chi si lamenta, dopo una sconfitta. Espressione usata come chiosa, all’affermazione dell’allora tecnico del Barcellona, Carmona che accusava proprio la squadra pan-asiatica, di abusare del portiere di movimento.

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La Champions League del Futsal è una manifestazione UEFA. Alle squadre partecipanti e ospitanti vengono imposte regole. Condizioni, per la disputa della manifestazione. Alla quale non si è obbligati a partecipare. Quando se ne avverte il peso, ci si dovrebbe anche ricordare del perché della SuperLega.

Senza dimenticare che in ogni narrativa sportiva, la storia della Cenerentola che diventa principessa funziona sempre. Eccovi quindi, servito il Plzen.

Ci si dovrebbe chiedere però, quando si viene esclusi da una manifestazione, se si è fatto tutto il possibile per accedere al turno successivo. Se si è ovviato al meglio alle previste defezioni, se si è strutturata la portante tecnica in una guisa tale da avere il vantaggio competitivo necessario a passare il turno.

L’impegno anche economico per competere in una manifestazione come la UEFA Champions League, è molto importante. Sporting, Barcellona, Kairat investono quasi due milioni di euro per tentare di vincere la competizione. Profondamente diversa, spesso anche a livello regolamentare rispetto ai campionati nazionali.

Da dove ho tirato fuori quel numero? Da una conferenza stampa del presidente del Porto. Un giornalista chiedeva come mai la squadra di futsal non competesse al livello di Benfica e Sporting. La risposta lapidaria del massimo dirigente lusitano fu: “Posso investire 300 mila euro nel futsal, il milione e settecento che manca me li trova lei?”.

Il denaro da solo non basta. Altrimenti nel calcio il PSG avrebbe già dovuto vincere almeno cinque Coppe dei Campioni. Occorre anche una dirigenza in grado di cooptare alla causa il talento funzionale alla competizione. Quello capace di colmare un limite, Se perdo i servigi di un pivot non prendo un centrale.

Se acquisto un giocatore dall’estero, mi prodigo per completarne in tempo le pratiche burocratiche. Mi premuro di non essere ridondante in alcuni ruoli e di adattarmi alla fisicità di una pugna sportiva, così diversa da quella del campionato italiano.

Accade di ritrovarsi dalla parte sbagliata della frase di Higuita. Dover mandare giù un biscotto stantio non è mai piacevole. il Real Madrid, i biscotti eventualmente li cucina, non li mangia.

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