Nell’immediata vigilia di questa stagione di Serie A maschile di futsal, addetti ai lavori, fanzine dei presidenti, insomma tutti, accreditavano il Napoli del presidente Serafino Perugino come l’anti Pesaro. L’unica squadra capace di contendere realmente il primato alla squadra del presidente Pizza.
Una campagna di rafforzamento munifica, quella orchestrata dal club partenopeo. L’arrivo del neo campione del mondo Coelho, l’ingaggio di un portiere come Molitierno. El Diablo Alex, ex Murcia e campione nel mondo nel 2018. Il brasiliano Fernandinho e le conferme di molti giocatori già in rosa.
Non manca alla compagine del Basile, il talento. Eppure 4 punti in classifica dopo cinque giornate non posso essere sufficienti. Quantomeno a soddisfare le aspettative di una proprietà che si è spesa molto, in estate. L’ultima partita, la sconfitta per cinque a quattro contro la Meta Catania, potrebbe però aver colmato una misura che s’è lentamente riempita.
Spifferi di corridoio raccontano di un rapporto già pronto ad interrompersi con Manuel Crema. Con le valigie pronte (perché un luogo comune non si nega mai) pare ci sia anche il già citato Fernandinho. Il Napoli sembra quindi, pronto a rituffarsi alla ricerca di un pivot. I problemi potrebbero essere risolti semplicemente segnando più gol degli avversari, Zeman docet.
Il confermatissimo tecnico Basile, ha una media punti di 0.96 calcolata nelle ultime tre stagioni, con almeno venti panchine. Il suo potrebbe essere un rendimento statisticamente in linea con i precedenti. Almeno tre dei gol subiti contro gli etnei però, sono frutto di blackout difensivi. Potrebbe esistere la possibilità di limitarli, affidandosi più spesso all’apporto difensivo di un giocatore come Coelho.
Rinunciare già, ad un investimento oneroso come quello del brasiliano Fernandinho rappresenta un inciampo organizzativo ed economico. Ostacoli questi, potrebbero essere risolti investendo una parte delle risorse finanziare a disposizione, ingaggiando: un direttore sportivo.
Non un soggetto che nel tempo libero, s’impegna in quel ruolo. Un professionista, una figura dedicata e impegnata nel solo compito di costruire e gestire la squadra. Qualcuno come Andrea Franceschini. I suoi venti trofei in bacheca collezionati mentre ricopriva il ruolo di direttore sportivo della Luparense, sono un silenzioso quanto ingombrante monito.
Quello ignorato spesso ma causa di innumerevoli insuccessi sportivi. Una squadra deve essere costruita non cercando il talento migliore in assoluto. Ingaggiando quello invece, funzionale, ad una idea di gioco. Niente collezione delle figurine. Piuttosto una gestione oculata delle risorse e una valorizzazione del parco giocatori.
Qualcosa di simile a quello che in questi anni il CMB e il Padova, stanno cercando di realizzare. Entrambe sono squadre profondamente diversa da quelle che scendevano in campo tre stagioni or sono.
La programmazione non è una noiosa attività da contrapporre alla creatività. È invece l’architrave organizzativa che permette al talento di esprimersi al meglio. Per lungo tempo.
I successi d’un giorno, non valgono nulla. La tradizione, la “legacy”, quelle invece, sono tutto.
Vincere è un accidenti che capita a tutti. Continuare a vincere, quello invece riguarda pochi.