La guerra fredda tra Cosimo Sibilia e Gabriele Gravina, vede il suo epilogo oggi, con le dimissioni del presidente della Lega Nazionale Dilettati.
Dimissioni irrevocabili quelle di Sibilia. Affida il suo pensiero ad una lunga lettera consegnata alla stampa. Nella quale, offre una sua narrativa circa la vicenda che lo vede coinvolto. Non cavalca però ,verso il tramonto. Come l’eroe dimenticato di qualche film western di serie b. No, l’ormai ex presidente lancia la sua ultima stoccata.
“Come è stato anticipato da alcuni organi di informazione che mostrano di godere del privilegio di “fonti” dirette, sembra che – su esplicita richiesta di terzi, poco inclini evidentemente alle dinamiche democratiche che prevedono anche il dissenso e non solo l’adulazione – contrariamente alla coerenza, all’interesse complessivo della Lega Nazionale Dilettanti e del movimento calcistico, una buona parte del Consiglio Direttivo non avrebbe voluto approvare il Bilancio. La sola ipotesi che una simile vergogna potesse accadere mi impone, ancora una volta privilegiando l’interesse della Lega Nazionale Dilettanti rispetto a quello personale, di farmi da parte, così favorendo le condizioni perché un “atto dovuto” non venga barattato con il mercato delle aspirazioni carrieriste.”
L’intera vicenda riassunta così. Il racconto di una guerra logorante. Combattuta su più fronti. Fino alla recente sfida di Sibilia, allo scranno della Federazione Italiana Giuoco Calcio. L’abile Gravina ha però intessuto nel mentre, la sua fitta ragnatela di rapporti. Con le entità calcistiche più disparate, nell’intento nemmeno troppo celato di ridurre il peso politico – sportivo della LND. Le voci di una possibile diserzione di massa, da quello che per Sibilia non era che un momento formale, si erano rincorse già nei giorni scorsi.
La permeabilità dei muri dei palazzi del governo del calcio, non sono certo un mistero o una novità. La perdita ingente a bilancio seppur “ridotta di 700 mila euro” come rivendica nella sua lettera l’ormai ex presidente, non è servita a garantire il più ampio appoggio politico al voto.
Non sono state nemmeno d’aiuto a Sibilia, le recenti visite del Presidente della FIGC, ai comitati regionali. Che i maligni hanno visto più come un tour elettorale, alla ricerca di un consenso che mettesse in difficoltà l’acerrimo avversario politico.
Nell’agone politico, le parole hanno un peso diverso che nelle conversazioni domestiche, nelle chiacchiere da bar.
“…un atto dovuto, non venga barattato con il mercato delle aspirazioni carrieristiche”. A cosa potrebbe alludere Cosimo Sibilia. Suona come un avvertimento. Una sorta di indicazione. Come se una voce sinistra ripetesse nell’ombra: “volete sapere chi sono i congiurati? Guardate le prossime nomine negli scranni che contano”.
Non c’è nulla di scandaloso. Cioè che desta scandalo. Per essere eletti al senato della repubblica romana, i voti si compravano, letteralmente. Con i sesterzi. Eppure hanno edificato il più grande impero della storia.
Le dimissioni di Sibilia, tolgono una mossa possibile dalla scacchiera di Gravina. Il commissariamento. A meno di straordinarie novità. Non è più un fattore. Un uomo vicino al presidente della FIGC, alla guida della Lega Nazionale Dilettanti, avrebbe agevolato il piano per ridurre in termini percentuali il peso del movimento dilettantistico.
Sebbene si registrino inusuali andirivieni tra il pianerottolo della Divisione Calcio a 5 e i piani più alti, al momento non è chiaro allineamento politico del Presidente Bergamini. Quello che si sarebbe potuto palesare con il voto sul bilancio. In un palazzo dove anche i muri hanno le orecchie e gli occhi, questi sono giorni delicate, ore di fragili alleanze, possibili ritorsioni.
Difficile ipotizzare, nell’italico mondo della politica sportiva italiana, che una lettera di addio come quella redatta da Cosimo Sibilia, sia semplicemente questo, un addio. Somiglia più ad un arrivederci. Con i suoi uomini ancora saldamente al loro posto nel consiglio di presidenza della lega. La partita non è affatto finita.