Oitomeia, esegesi di un fenomeno

Uno, nessuno e centomila.
Oitomeia.
Il trentacinquenne brasiliano, non è solo un giocatore ancora in grado di fare la differenza anche se solo nel campionato italiano. È un veicolo, uno strumento. Funzionale a raccontare uno sport, fuori dai soliti ritriti luoghi comuni.

Quel genere di atleta con l’innata capacità di intrattenere e non solo con la tua tecnica e abilità nella disciplina. Il futsal, questo futsal della penisola, resta privo di quei personaggi che per parafrasare una affermazione del Presidente Bergamini: “interessino al pizzicagnolo sotto casa”.

Oitomeia è uno di quelli, ma non il solo. Al di là, dei mezzi tecnici, ancora oggi a 35 anni, può realizzare una rete memorabile, trovare una giocata e poi prendere uno skateboard e attraversare il campo per festeggiare così. La sua squadra il CMB ha la possibilità di arrivare vicina ai traguardi finali stagionali. Una combinazione di sicuro successo.

A patto di raccontarla. Il brasiliano è già molto attivo nella promozione di quello che è a tutti gli effetti il suo brand. Racconta della sua avventura come giocatore, aggiungendo un livello alla narrazione sportiva che al momento è quasi del tutto trascurato.

Da solo Oitomeia vale su instagram il doppio della divisione calcio a 5. Ha accesso cioè ad un pubblico, d’acquirenti e clienti potenziali che una intera lega non raggiunge. Considerare questi dati nell’ordine di misura che rappresentano. È importante quando si studia una strategia.

L’approccio decisamente pop alla narrativa sportiva del campione brasiliano, funziona. Non è legata ad una vetusta comunicazione aziendale in stile anni 90. Non è confinata da norme e da netiquette che sono già vecchie quando vengono pensate. Rifugge quella provinciale idea che i giocatori sono tutti uguali, dal panchinaro con zero minuti fino al giocatore con 38 minuti a partita nelle gambe.

Nello sport, competitivo, uno non vale uno. Uno non vale Cristiano Ronaldo o Lionel Messi. Megan Rapinoe  e Alex Morgan, non possono essere relegate nello stesso spazio comunicativo di Giovanna Rossi e Barbara Bianchi. Ogni volta che si operano scelte diverse da queste, si cade nell’anonimato. Dal quale ci può salvare Oitomeia.

Non è il genere d’approccio che tutti possono perseguire. Tuttavia al momento resta il veicolo più efficace. La Ferrari non è solo il suo stemma, il cavallino rampante che tra l’altro è la copia dello stemma dell’asso dell’aviazione Francesco Baracca. La Ferrari è le sue automobili, è il naming brand della Testarossa, della Dino Ferrari, F40. L’insieme dei suoi singoli elementi creano il flusso di narrazione.

Le acconciature creative di Oitomeia, sono un corollario e il topping di una torta, allo stesso tempo. Le aveva anche quando giocava nell’Inter Movistar ma non era abbastanza vecchio per il campionato italiano. Raccontare, comunicare e diverso dal fare informazione, dalla cronaca e dalle marchette. È intrattenimento, è show.
Il futsal, come disciplina, da sola non basta, senza i suoi eroi pop.
 

Possiamo seguire il percorso sportivo di Oitomeia e scoprire il CMB. Se il brasiliano fosse testimonial del futsal italiano potrebbe indure i suoi follower a digitare www punto futsal tv punto it per curiosare. Se invece siamo degli occasionali, dei tifosi di calcio, abituati a calciatori pop, potremmo essere tentanti di guardare una partita perché siamo stati attirati dalla particolarità di questo giocatore.

Scoprire così una disciplina, dove c’è Stazzone che si erge a baluardo difensivo e ha la stessa acconciatura di Jaap Stam. Vederlo confrontarsi a muso duro con Musumeci e dalla panchina Oitomeia intervenire.  Infine scoprire chi è questo Musumeci, chi gioca in queste due squadre. Che tra gli etnei ci sono due vice campioni del mondo, il secondo si chiama Vaporaki.

Quando uno sport, una disciplina, è meno popolare dei suoi protagonisti, ha un problema, grave di percezione. Di registro di comunicazione, di scopo della stessa, di veicoli scelti e di narrativa. Per essere rilevanti servono scelte diverse da quelle dei concorrenti, che sono tra l’altro già affermati e più noti.

Quando si hanno 851 follower come brand, si è in una condizione di debito di consapevolezza. Lo scrivo dal basso di 167 follower in tre mesi, di un progetto appena partito, con risorse minime se non inesistenti. Mi chiedo però ogni giorno come posso innovare, in quale modo posso distinguermi, dalla massa, dai competitor. Anche se qualcuno tende a suicidarsi da solo, con i video

Numeri, lo ribadisco, ridicoli nella misura nella quale esistono colossi con i quali si è in concorrenza. Perché tutti competiamo per un limitato spazio d’attenzione di un finito numero di spettatori.
Abbiamo bisogno di più Oitomeia. Non uno, ma centomila. Io per primo, ma voi…voi di più.
 

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