Tutto inizia con l’annuncio pomposo, rilanciato, ingigantito.
Il futsal femminile su SKY Sport. Vero. La corrispondenza tra una certa narrazione e la verità, s’interrompe però qui.
Mentre i lustrini e i coriandoli finivano negli occhi di tanti, e le risatine di giubilo riempivano le orecchie, qualcuno si è dimenticato di raccontare, tutta la storia.
Rimediamo. Iniziando da un principio, scomodo, impopolare e purtroppo vero.
Non esiste un broadcaster sul mercato della comunicazione audiovisiva, disposto a pagare per trasmettere il futsal italiano. Avviene il processo opposto. Si contribuisce alla produzione degli eventi. In questo momento sul maggiore canale tematico italiano, vanno in onda anche: il footvolley, le repliche dell’italian beach soccer tour, la pallamano.
Quando Sky ha perso a favore di DAZN, la gran parte delle partite della Serie A in diretta, è stata costretta a rivedere il suo palinsesto, ora pieno di buchi. L’ha riempito con quello che offriva il mercato, al minor costo possibile. Per tamponare le perdite causate da una inevitabile emorragia di introiti pubblicitari.
Non hanno raccontato, che il prodotto futsal femminile, non era considerato valido. Semplicemente non lo volevano. Essere riusciti a trasmetterlo in differita, è una vittoria. L’alternativa era non essere affatto comprese nel palinsesto. Meglio? Non potremo mai dirlo, perché non abbiamo dati da comparare.
La domanda, che aleggia, mai posta e quindi priva di risposta è: “Il futsal italiano, è un prodotto?”.
Un prodotto per il quale si è disposti a pagare, un abbonamento, un biglietto, una maglia, una sciarpa.
Leggevo qualche giorno fa, un accorato post del presidente di un club di punta della Serie A maschile. Si lamentava della ingente richiesta di accrediti. Di un pubblico locale, poco disposto perfino ad acquistare un biglietto dalla cifra ridicola. Non che questo biglietto potesse in qualche modo lenire l’ingente esborso economico per la squadra. Rappresentava però agli occhi del presidente, un gesto, d’apprezzamento.
Se il futsal maschile, che può contare su un indubbio vantaggio biologico ed economico, non è un prodotto. Come fa ad esserlo il futsal femminile? Come avete creduto che qualcuno che non è disposto a pagare per vedere il futsal maschile, che conta un seguito maggiore, possa pagare per guardare voi, giocare.
Domenica 7 Novembre GRANZETTE – KICK OFF
Domenica 14 Novembre VERONA – STATTE
Domenica 21 Novembre BITONTO – VERONA
Domenica 28 Novembre GRANZETTE – SASSARI
Questo il palinsesto in differita, per il mese di Novembre. Fosse anche stato in diretta. Ho una domanda. Perché, qualcuno dovrebbe fermarsi di domenica alle 12.30 a guardare il futsal femminile in diretta. Esattamente chi vi conosce? Chi siete? Perché guardare delle sconosciute e non la Premier League o la Serie A su DAZN. Ma anche se andasse in diretta alle 18.30 di domenica, contro tutti i campionati maggiori di calcio, davvero c’è qualcuno disposto a sacrificare un Chelsea – Liverpool per il futsal?
Anche se fossi un grande appassionato della disciplina. A Novembre ci sono due volte il Verona e il Granzette, non due squadre di primo piano. Tre neopromosse quindi, un Kick Off completamente rinnovato e lo Statte. Una programmazione che scava una nicchia, all’interno di una nicchia.
Le donne del futsal fanno sacrifici, giocano infortunate, vivono spesso lontane da casa. Dilettanti che devono però comportarsi da professionisti. Tutele al minimo, squadre che appaiono e scompaiono che nemmeno le società di comodo alle isole Cayman. Atlete capaci di gesti tecnici sopraffini, alcune anche di atletismo di alto livello, vivono in questa terra di nessuno, che ambisce però ad essere di tutti.
Quella che ho appena descritto è una realtà, che vive all’interno di una bolla. Incapace di penetrare all’esterno. A diventare mainstream. Perché è fatta di palloni d’oro che non esistono, si chiamano Futsal Awards. Non esiste alcun mondiale ufficiale al femminile. Nessuno quindi ha vinto mai il mondiale di categoria. Il futsal femminile sembra voglia restare aggrappato ad un passato di competizione tra amiche. Una approssimazione che finisce con il danneggiarlo così tanto da farlo ignorare, facilmente.
C’è un bellissimo film: “A League of their own”. Racconta l’epopea di una lega femminile di baseball, durante la seconda guerra mondiale. Gli inizi difficili e poi il grande successo. L’idea era quella di sostituire i giocatori andati al fronte a combattere con una campionato composto da squadre femminili.
Nel momento di maggiore difficoltà, nell’attrarre pubblico sugli spalti, il Commissioner della Lega, chiede al suo miglior giocatore di fare qualcosa di straordinario. Gena Davis, l’attrice che interpreta una giocatrice che è nella Hall of Fame, da catcher, in spaccata raccoglie una palla destinata in foul. I fotografi di People e Times, invitati alla partita, immortalano il gesto. È il grande gesto capace d’incuriosire il pubblico.
Nessuno racconta a questo futsal, ai suoi protagonisti, che la normalità non basta. Lì fuori è pieno di normalità. Chi vi racconta che siete bellissime, bravissime e poi non aggiunge che lì fuori è pieno di gente bravissima e bellissima che non conosce nessuno, vi danneggia. Per ogni riga identica a se stessa, per ogni luogo comune a decine di altri sport, scendete un gradino verso l’anonimato.
Ad ogni racconto scomodo e pruriginoso, nascosto sotto il tappeto, si perde una occasione. Per ogni banalità pubblicata, detta, reiterata, si uccide il futsal come prodotto. Le sciocche diatribe, le piccole invidie. La sciatteria nel presentare il futsal, ne diminuisce il valore. Per ogni partita disputata in una tensostruttura, da giocatori dalla rivedibile forma fisica, si uccide la possibilità di presentare il futsal come veicolo pubblicitario e come meritevole di acquisto.
Ogni volta che s’ignora il fatto d’essere in concorrenza con i più svariati sport, con le più diverse forme d’intrattenimento, si cagiona un danno, alla disciplina, ai suoi protagonisti e al suo futuro.