A proposito di sogni

Silvia Praticò.
Che ci fa una ragazza appena maggiorenne, di Reggio Calabria, a Falconara.
Studia, medicina.

Come Lara Moretti. Questa storia, di piccole donne calcettiste, che vogliono diventare medico, inizia ad ampliarsi. Piccole Ines Fernandes, crescono. Ines, il capitano del Benfica, il pilastro della nazionale lusitana.
Non per metterti pressione Silvia, no.

Quaranta gol, in A2, con il Lamezia. Senza essere un giocatore importato. Non sono male, quando a malapena puoi guidare una macchina in Italia. “Voglio fare il medico”, una consapevolezza che t’arriva così a metà di una adolescenza che diventa ricordo sfumato, in fretta.

“Può giocare”, “Ci può dare una mano”. Così la descrivono alcune delle sue compagne in prima squadra. Non è che Silvia Praticò giochi con qualcuno raccattato al campetto. In tutti gli allenamenti, si misura con le migliori calcettiste in circolazione, al mondo.

La velocità. Il suo cruccio principale. A quella ti puoi solo abituare, alzare i giri del motore interno per scoprire se quei gesti che in A2 ti riuscivano così bene, ora li puoi compiere con maggiore rapidità e la stessa efficacia.

Prova a rifilarmi qualche “supercazzola” da calciatore. La fermo subito. Perché a)non funzionano b)non  è una intervista. Non m’importa nulla, in genere non importa a nessuno, di affermazioni come: “fare il meglio possibile”, “crescere piano”, “allenarsi con campionesse”, “mi trovo benissimo, questa è come una famiglia”.

C’è già chi le scrive meglio di me, senza nemmeno vergognarsi.
Mi interessa conoscere chi è, questo scricciolo che fa a sportellate davanti all’area di rigore avversaria. Come si collega il giocatore a questa piccola donna fiera del suo voto d’ammissione all’università.

Facoltà di Medicina: “3200 a livello nazionale”, ci tiene a precisare. L’orgoglio si sente nella voce. Le chiedo dei suo studi.  Senza dirle, che ho fatto il suo stesso percorso universitario, salvo abbandonare proprio nel momento in cui lei ha scelto, di andare avanti.

La voce cambia di tono, si percepisce forte la fierezza. Non solo per il successo accademico iniziale. Mi fa notare che questa non è la sua prima esperienza lontana da casa. Abitazione che ora divide con Anthea e Erika. Se l’ascoltate davvero, se prestate attenzione, quando vi spiega il perché di certe sue decisioni, potreste sentire distintamente una vocina ripetere: “guarda che ci ho pensato che credi”.

Una vocina, meravigliosa. Anche se la fa sembrare più grande della sua età anagrafica. Meravigliosa perché solo quella può spingerti oltre gli ostacoli della vita. Decido però di provare ad insinuarle un dubbio.

Le ripeto la domanda che mi convinse a mollare tutto e fare altro. “Vuoi vivere seppellita in facoltà?”, le chiedo così senza troppi giri di parole. Lei è sicura di farcela. La risposta emana di nuovo quel sentore acre di chi si è già posto decine di volte da solo, quella medesima questione. M’ha quasi convinto. Penso che non sarebbe male avere una piccola Ines Fernandes, qui. 

Inizia a calciare il pallone come fanno tante giocatrici, con il papà. Una sorella maggiore, la mamma che non ha un passato sportivo, insomma i pilastri tipico di una famiglia latina. Lontana dagli affetti per trovare il suo posto, nel mondo, quello che s’è scelto.

Diciannove anni, tanto tempo davanti. Abbastanza per poterlo riempire anche con più di una vita. Quella del medico, quella della calcettista, ma anche se vuoi quella dell’apicultore. Il talento è solo, soltanto tuo. Puoi farne quello che vuoi. Se decidi di dividerlo con quelli che s’accomodano sugli spalti, regalerai qualche sorriso in più.

Mi parla del suo film preferito è mi sorprende. Inception. Credo di averlo guardato più volte del dovuto o di quello che possa essere considerato salutare. Ancora mi chiedo cosa volesse dirmi Christopher Nolan. Però a proposito di sogni…

Mi torna alla mente una delle scene di Field of Dreams. L’ultimo film in cui ha recitato Burt Lancaster. IL suo personaggio è un medico. Il dottor Archibald “Moonlight” Graham. Costretto ad uscire dal campo per salvare la figlia del protagonista, non può più tornare sul campo. Tutti intorno a lui sono dispiaciuti, non può proseguire nel suo sogno di essere un giocatore.

https://www.youtube.com/watch?v=VCNp_jl5m6c

Nel loro primo incontro aveva spiegato al protagonista Ray Kinsella: “Figliuolo, se fossi stato un dottore per soli cinque minuti… quella sarebbe stata una tragedia.”

Qualsiasi sarà il futuro di Silvia, spero ne trovi uno simile a quello di Archibald “Moonlight” Graham, non sarebbe male. Già.

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