La UEFA Champions League femminile, del calcio

Olympique Lyonnais feiert den erneuten Titel; Jubel, celebration

Non ci sarà nessuna UEFA Champions League del futsal femminile, per questa stagione.
Prendendo a prestito le parole di Kevin Bacon nel film A Few Good Men: “e i fatti non sono in discussione”.
Le ragioni sono molteplici. La prima è strettamente temporale. Ci sono voluti otto anni di semplice patrocinio UEFA prima che la competizione al maschile divenisse ufficiale.

C’è una ragione economica. Al momento, in ambito femminile, c’è un solo club rilevante, diretta emanazione della società di calcio. Il Benfica, in Portogallo. Manca la struttura professionale per sostenere una competizione che possa essere poi venduta a potenziali clienti – spettatori.

Al netto della cortina innalzata dai venditori di fumo, dei titoli acchiappa like, dei venditori di speranze. La realtà è l’unico luogo dal quale si può iniziare un processo di crescita e di sviluppo. L’unico torneo internazionale amichevole a inviti, tra le vincitrici di alcuni dei campionati nazionali europei di futsal femminile è: l’European Women’s Futsal Tournament.

Quest’anno lo organizzerà il Burela, come v’avevo anticipato nelle puntante del podcast estivo.” Come v’avevo anticipato”, non vuol essere una battuta anche se fa ridere. Potrebbe esserci anche una sorta di recupero dicembrino del torneo che non s’è disputato nella scorsa stagione.

La UEFA ha investito, investirà, nel calcio femminile. Da anni quel movimento vede impegnati grandi club. Lione, Barcellona, Wolfsburg. Soldi veri, strutture vere, interesse generato. L’intera struttura della UEFA si è impegnata a promuovere il movimento, fattivamente. Impegnando risorse nel processo di riorganizzazione nazionale, impegnandosi in tutti gli ambiti. Al punto di creare una struttura per supportare anche la creazione di contenuti.

Si è scelto l’approccio bottom – up.  Mutuato dalle tecniche di machine-learning. Si parte dal basso, di solidifica la struttura e su quella si sviluppa. La UEFA Women’s Champions League, non è nata in una notte. Lione, Barcellona, Wolfsburg sono stati i tre pilastri di una competizione che negli ultimi 10 anni le ha viste sempre protagoniste.
Pronte ad investire come nel caso dei francesi del Lione, cifre enormi. Pur di portare i fenomeni della MLS, in squadra, anche solo per la Champions.

Dieci anni.
Di grandi club.
Nel futsal femminile europeo abbiamo: Benfica e Sporting Lisbona. La seconda non è nemmeno chissà quale squadra.
Le strutture. La Champions di calcio, delle donne, ha potuto disputare le sue finali in piccoli teatri dalla grande storia, come Craven Cottage. Bellissimo e facile da riempire. Con il pubblico piazzato ad altezza strategica per essere sempre ripreso.
Nel futsal femminile si gioca ancora nelle tensostrutture, nei palloni, con le tribunette traballanti .

Ieri per la prima Champions League con la formula identica a quella degli uomini, c’era la diretta gratuita di Chelsea – Wolfsuburg, su YouTube, powered by DAZN. Cornice dell’incontro lo stadio di Kingsmedow. Un wannabe Craven Cottage, per intenderci. Diciottomila persone collegate, in diretta. Stadio pieno.

Non basta che le donne del futsal siano abili nella disciplina che hanno scelto. Devo essere un prodotto, vendibile. I tifosi, sono dei clienti, non amano sentirselo ripetere, ma se volete che paghino per vedere una partita, li dovete trattare come fruitori di un servizio.

Qualcuno qualche giorno fa mi ha scritto: “Ma delle partite che andranno su Sky della Femminile nel mese di novembre ne vogliamo parlare? 2 volte il Verona 2 granzette e di nuovo Bitonto ,e io mi dovrei abbonare per vedere granzette Sassari in differita il lunedì ?”

I clienti della comunicazione non sono le società ma i tifosi. A loro, al momento, viene fornito un letargico servizio, nel quale c’è difficoltà anche a distinguere i comunicati stampa dai contenuti “originali”. Si scrive per quel giocatore, per quella società. Non si parla mai agli unici potenziali clienti. Quelli che ci saranno anche dopo l’ennesimo fallimento di una società, dopo l’ennesimo ritiro. Però volete la “championz”.
 
Investimenti.
Sapete quanto spende il Benfica per la sua stagione maschile di futsal? Circa due milioni. Con un decimo di quella cifra, si vince lo scudetto al femminile in Italia. In questo momento, il prodotto futsal-donne, vale un decimo di quello maschile. Potrebbe esserci quello che gli inglesi chiamano “untapped value”, oppure non avere abbastanza valore. Se non provi a venderlo, però, non lo saprai mai.

Nel panorama del futsal femminile non c’è il Barcellona, uno Sporting Lisbona bi-campione d’Europa. Non ci sono i soldi del più grande colosso della comunicazione mondiale, Movistar. Non ci sono i gas-dollari dei kazaki. Varcando l’oceano non c’è il San Lorenzo, il Corinthias. Nell’italico stivale, alcune giocatrici attendono mesi per vedersi accreditatati gli emolumenti per intero. Ma “vogliamo la championz”…

Comprendere questa differenza, invece di avere irresponsabili aspettative, è l’unica strada percorribile.
“If you build it, they will come”, dovreste leggere qualcosa di diverso dai testi delle canzoni indie italiane. Non vi fanno sentire intellettuali, solo sciocchi. C’è bisogno di costruire, di un processo che dura anni, di concretezza. Non c’è alcuna discriminazione di genere, è una questione economica.

Case studies, progetti concreti a lungo termine. Meno approssimazione. Una rivoluzione nella cultura di uno sport che non è business, per questo destinato a restare confinato in una nicchia. Nel quale chi investe è più preoccupato di una vanesia e transitoria gloria personale (golden shower is a thing in futsal) che del reale sviluppo della disciplina.

Roma non è stata costruita in un giorno e non è sempre “la notte magica”, con l’Ungheria.
Preferisco: “if you build it they will come”.

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