La Lezione di Giustozzi

“Siamo arrivati ​​a un livello così superlativo che ci rattrista essere secondi classificati nel mondo e ciò che questo gruppo non sa è che qualche anno fa avremmo celebrato un’impresa. Quello che devono sapere è che a volte si vince perdendo e loro lo hanno fatto, ci hanno insegnato cosa vuol dire essere orgogliosi e hanno insegnato al resto dei ragazzi che indosseranno la maglia dell’Argentina qual è la strada da seguire. Congratulazioni @PORTUGAL per la crescita degli ultimi anni, degno campione”.

Con queste parole, a poche ore da un secondo posto mondiale, l’ex CT dell’albiceleste commentava il risultato della finale mondiale. Mentre in Italia ci si agita, sempre e rigorosamente in maniera scomposta. Per commentare quell’espulsione o quel rigore mancato. Questa è l’analisi chi ha elaborato e realizzato un progetto.

Diego Giustozzi, si siede sulla panchina della nazionale argentina. Quella che ha davanti è una squadra felice, quando strappa un pareggio al Brasile. Oppure quando non subisce una imbarcata clamorosa. Il suo predecessore Larrañaga, dopo vent’anni di regno, aveva lasciato una nazionale in balia dei verdeoro. Figlia di una idea di futsal basata sull’attesa passiva nei dodici metri, imperniata sulla marcatura individuale. “Così se qualcuno salta l’uomo e segna, capisco di chi è la colpa”.

Fernando Larrañaga

Il nuovo CT è determinato a cambiare radicalmente quella mentalità. È stato parte di una generazione di giocatori talentuosi, incapaci però di sostenere la vittoria. Di dargli quella continuità necessaria a creare, una dinastia.
Parte da un concetto elementare: “Attacchiamo il Brasile, andiamo a prenderli”. L’idea è semplice, efficace e rischiosa. Affrontare ripetutamente la nazionale brasiliana all’apice della sua parabola, comporta delle sconfitte, anche pesanti.

Quel cimentarsi però, contro i più forti, paradossalmente nella sconfitta, permette ai giocatori della nazionale argentina di acquisire dimestichezza con l’altissimo livello di competizione. Elemento necessario ad affrontare avversari, più quotati. Le sconfitte iniziano ad essere più contenute nel risultato. I suoi ragazzi cementano la convinzione di poter giocare ad armi pari con il Brasile.

Giustozzi con la maglia dell’Argentina

Battere il Brasile diviene una sorta di abitudine, non più l’eccezione ma una costante. I tornei amichevoli in Quatar, la finale del Torneo CONMEBOL (1-3) valido anche per la qualificazione al mondiale lituano.

Il movimento nazionale, si razionalizza e si evolve. Prima nella struttura dei campionati, successivamente nella qualità del gioco espresso e dei talenti coltivati. Giustozzi è l’uomo che ha vissuto una epoca, ne ha saputo analizzare gli errori per dare il via, grazie a quella lezione ad una nuova età dell’oro del futsal argentino.

Non dimentica, proprio in quella dichiarazione di vicinanza ad un gruppo, una idea che probabilmente sente ancora sua, di ribadire il manifesto di un concetto di gioco e di vita. Hanno perso, vero, ma non bisogna dimenticarsi del percorso tortuoso e difficile intrapreso per giungere fino a li. Una lezione per il futuro, la vittoria non è mai scontata anche se pensiamo di averla guadagnata.

Una, dieci, cento albiceleste.

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