Portogallo, la vittoria di un progetto

O’Magico in lacrime, prima e dopo il fischio degli arbitri. La Coppa del Mondo al cielo, dopo quella d’Europa. Un percorso iniziato con una idea, perseguito con pervicacia e portato a compimento sul campo. Fosse anche finita con una sconfitta, sarebbe cambiato poco. Il risultato sportivo è paradossalmente, un prodotto di scarto della programmazione.

Una sorta di conseguenza non voluta, ma inevitabile. La lungimiranza di una filosofia, diventata architrave di una struttura sportiva. Quella che ha permesso di tenere al riparo e crescere i talenti del calcio portoghese. Sconfitti, ma vittoriosi nell’idea ci sono anche gli argentini.

Il Commissario Montalbano argentino, in una conversazione di qualche tempo fa mi disse: “noi argentini non abbiamo il denaro per comprare il talento, dobbiamo crearlo”. Se prestate attenzione all’elenco dei giocatori di questa albiceleste, potrete scorrere nomi di giocatori dall’indiscutibile abilità tecnica e tattica. Costruiti li, oltreoceano. Cresciuti poi, paradossalmente qui, in Italia.

Né il Portogallo e né l’Argentina sono potenze economiche mondiali. Non sono tra i paesi più industrializzati, insomma non sono l’Italia. Hanno dovuto creare un sistema che massimizzasse le poche risorse a disposizione. Creare una ricetta tale da permettere di cucinare il piatto sportivo migliore possibile, anzi il migliore al mondo. Sono partiti dagli elementi essenziali di quella ricetta, gli ingredienti, i giovani.

Non è emerso così dal nulla, il talento di Zicky. È solo il sottoprodotto di un sistema, applicato. Così come lo sono gli altri giovani della nazionale lusitana. Gli argentini, non sono da meno. Hanno una seconda linea di atleti, che disputano regolarmente le amichevoli, che compongono l’ossatura della nazionale che affronta la Bolivia, le Isole Salomon, insomma tutte quelle nazionali di seconda fascia.

La geografia del futsal però continua ad incuriosirmi. Com’è che nel ranking si trovano nazioni come l’Azerbaijan, la Thailandia, il Vietnam che non hanno praticamente nessuna tradizione calcistica. Forse perché il futsal è uno sport diverso? Scoprire poi che la Thailandia ha una rete di infrastrutture sportivi superiori a quello dell’italica penisola è una inaspettata sorpresa.

Come quella emersa nell’analisi dei commissari tecnici di queste nazionali. Pulpis, ha allenato in due lunghi interregni proprio la nazionale Thailandese. Quest’anno su quella del Benfica, quello vero, quello del Da Luz. Uno spagnolo che insegnava il futsal in estremo oriente.

Con ottimi risultati. Quindi è possibile, creare talento, accrescere potenziale. In Italia, non accade. Perché per una amichevole con le isole Salomon, i panettieri associati e la combriccola della briscola, noi facciamo arrivare giocatori da mezzo mondo e l’argentina schiera le seconde linee. Non possiamo essere l’Iran? Basterebbe anche un Vietnam o una Thailandia (entrambe al mondiale).

Invitiamo in occasione di una Coppa Italia, quella disputata a Bari, qualcuno a raccontare del progetto della Federazione Calcio Portoghese per il futsal e io che dovrei essere un addetto ai lavori, lo scopro con anni di ritardo. Cos’è che non volete che ascoltiamo. Cosa spaventa tanto le varie governance di questo futsal? Non avere un centro federale che non si nega nemmeno alla palla corda non vi tange, quindi cosa, esattamente.

Confessiamoci almeno questo. Siamo come quei vecchi ricchi che per sentirsi all’altezza dei giovani, si comprano la macchina sportiva, la moto da competizione. Naturalizziamo il talento che troviamo, quello rimasto a disposizione, per provare ad essere all’altezza degli altri. A dicembre affrontiamo i pasdaran iraniani. Quelli giocano per difendere l’onore sportivo di una nazione. Non saranno davvero i guardiani della rivoluzione, certo, ma non sono nemmeno i canoisti delle isole Figi.

Exit mobile version