Se il problema risiedesse anche nella domanda?

La comunicazione sportiva è cambiata. Muta, velocemente e così come accadde per la carta stampata i meno accorti, quelli meno dotati d’intelligenza reattiva, continuano a perseverare in una narrativa che non crea valore, che non genera interesse.

Le maggiori testate sportive nazionali, dal Corriere dello Sport alla Gazzetta, sono costrette a rincorrere spesso quello che accade sul web. La versione cartacea è già vecchia al momento di andare in stampa, quella digitale fatica a generare interesse, riportando semplicemente quello che è già accaduto.

Fallisce anche nella più banale, più ovvia operazione di comunicazione. Generare opinione. Ci si limita a fare i cronisti, raccontare quello che il lettore-spettatore ha già visto. Nessuna analisi, nessuna opinione formata, educata. Il “Senza giacca” di Sky Sport, privato prima di Boban, poi di Adani è diventato l’ombra di se stesso. La tradizione di Teleroma 56, dei figliocci di Michele Plastino, relegata ai margini.

Salvo poi come è accaduto con Sandro Piccinini, richiamarlo in situazione d’emergenza, per sollevare dal torpore l’intrattenimento sportivo. In un contesto come questo, la NON narrativa tradizionale, fatta di interviste inginocchiate e baciatori di terga, permette alla BoboTV o a ChiringuitoTV di proliferare. Badate bene sono i due estremi di un format di infotainement, ma costituiscono la vera novità.

Nell’ultima puntata di BoboTV, quella che seguiva il pareggio della Juventus con il Milan, Adani s’è concesso alcune riflessioni. Lo ricordo ai più distratti. Dopo dieci anni di collaborazione Sky ha rescisso il suo contratto da talent. Sono letteralmente volati gli stracci. Questa comprensibile condizione di risentimento, non rende la riflessione di Lele Adani, meno degna d’attenzione.

“Siamo davvero sicuri che il problema siano le risposte e non le domande?”
La mediocrità, lascia spazio a tutti. La mancanza di confronto, decresce la qualità del prodotto. Allontana l’interesse. Impedisce la crescita. Ci sono domande che sembrano impronunciabili, eppure restano le uniche davvero interessanti.
Davvero qualcuno pensa che ci sia un pubblico lì fuori, al quale interessa sapere come si mangia in una certa località, se le compagne o i compagni di squadra sono tutti bravi e se l’obiettivo non è il raggiungere il posto più in alto possibile in classifica? Questo non è “quello che vuole la gente”. Questo è quello che in molti, danno in pasto alla gente.

Perché è più facile, costa meno fatica. Non crea dissenso, si ha l’illusione di essere amici e amiche con tutti. Vi svelo un segreto, hanno tradito perfino il figlio di Dio, e voi pensate di essere meglio?

Le avete notate certe interviste, sono che qualche giocatore all’ennesima domanda uguale, pervasa di sciatteria, risponda così come in uno sketch dei Soliti Idioti.

Anche se il mio preferito resta questo. Regalate un momento di libertà, giocatori e giocatrici, rifiutatevi di rispondere a certe domande e se proprio dovete farlo. Fatelo così.

Le spiegazioni per uno sport che non cresce, ma resta stagnante possono essere molteplici. Interessare diversi livelli, quello tattico, tecnico, di risorse e quello della comunicazione. Il futsal è avvolto su se stesso, impegnato a parlare di se con se stesso. Un soliloquio tra società e giocatori, senza mostrare il minimo interesse verso il fruitore del prodotto.

I tifosi, quei pochi, restano esclusi dalla narrazione. Nel caso migliore al tifoso non viene offerta la pillola blu o quella rossa, come a Neo in Matrix. Per il tifoso del futsal c’è solo la pillola blu.

L’universo perfetto lastricato di buone intenzioni e di false narrative. Pieno di palloni d’oro, di squadre ideali, dove non retrocede nessuno, nella quale il fallimento è semplicemente ignorato, nascosto. Gli attaccanti sono tutti bomber, i portieri “saracinesca”, in una eterna gioventù nella quale nessuno è nella parabola discendente della carriera.

Un mondo così, senza meriti, senza classifica, senza punteggio, senza lacrime. Siete sicuri che in un mondo nel quale non si soffre mai, saprete riconoscere la felicità. Quel raro momento al sole. La sconfitta è una condizione per i dannati, quelli che avvertano la necessità di vincere. Perché nella vittoria non si è simpatici a nessuno. Se lo siete, vuol dire che non valete nulla.

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